PERUGIA – Forse sono vecchio. Anzi sicuramente lo sono. Ma se per promuovere la cultura e l’arte diventa necessario l’intervento di una influencer, allora qualcosa, direi molto, è cambiato nell’approccio e nella percezione della stessa idea di cultura e arte. E’ necessario cominciare a chiederci perché e come è avvenuto questo cambiamento. Ed è necessario partire dal marketing e dall’intensa operazione di brand identity cui la coppia si è sottoposta coinvolgendo anche il piccolo figlioletto Leone. Entrambi, anzi tutt’e tre forniscono l’idealtipo di una nuova famiglia: lui un po’ artista maledetto e un po’ bravo papà, ma soprattutto lei, bella e curata che costringe i più giovani ad associarla idealmente a un’idea di bellezza di cui si circonda con i prodotti che promuove ricorrendo appunto ad una strategia di brand identity che sul brand punta tutto. E’ una nuova idea di bellezza che dunque annette anche un aspetto etico ed emotivo che passa dal marketing, e con il marketing si propaga creando nuovi modelli tra la Generazione Z o post-millennial che sta crescendo nell’era della creazione delle brand identity, vale a dire un’immagine coerente con i valori che il marchio rappresenta. Valori appunto. Come demandare la propria etica e il proprio stare al mondo secondo una strategia di mercato finalizzata alla vendita di un prodotto o di un marchio, ammesso che l’idea di vendere qualcosa possa rimanere coerente? Come prendere a riferimento come modello, l’idea di una famiglia che rende il suo privato “patinato” e pertanto prodotto spendibile con un incessante ricorso ai selfie sui social? Perché cedere al richiamo della bellezza e affollare gli Uffizi, soltanto dopo che Chiara Ferragni posa davanti alla Venere del Botticelli? Tutti interrogativi che rimangono senza una vera risposta, se non quella che il sodalizio Ferragnez è riuscito a creare una nuova categoria di Kalokagathìa, il bello e buono degli antichi greci, vale a dire fondare il principio di bellezza attraverso un suo implicito valore morale. Con il fine del marketing. Rimane il fatto che agli Uffizi dopo la visita della Ferragni si registra un vero e proprio boom di giovani in museo: da venerdì a domenica si è registrato un accesso di tremilaseicento tra bambini e ragazzi fino a 25 anni. Nel weekend passato erano stati 2.839. Dunque, stavolta 761 ragazzi in più, con un aumento del 27%”. Per la felicità di Eike Schmidt, direttore del museo, convinto che questa sia la modalità migliore per avvicinare i giovani alla cultura e all’arte. Insomma un’operazione di successo, al netto dell’eterogenesi dei fini.