Nelle scorse settimane, in un momento così particolare anche specialmente per il mondo dell’arte e della musica, quando imperando il lockdown è consentito l’acquisto di musica solo on line (d’altronde il 2020 è anno che ricorderemo a lungo), Stefano Bollani ha pubblicato la sua nuova fatica discografica “Piano Variations on Jesus Christ Superstar”, rileggendo così, a 50 anni dalla sua uscita, la musica di una tra le opere rock più famose al mondo, della quale il quattordicenne Stefano, vedendola in televisione, si innamorò.
E proprio in virtù di questi momenti nei quali si sta maggiormente nella propria dimora che ho avuto la possibilità di ascoltare il lavoro del pianista milanese.
Dopo il “Piano solo” nel 2006 ed il duetto con Chick Corea in “Orvieto” Bollani torna ad incidere un disco in piano solo, che rappresenta sempre una bella sfida comunque anche se nella sua ormai ultraventennale carriera non ha mancato di stupire con il suo eclettismo (la sua discografia è disseminata delle più svariate collaborazioni e progetti particolari), ed il disco in oggetto non è certo da meno.
L’album è una versione strumentale (tranne “Superstar” in cui Bollani canta, assieme ai cori delle sue donne di casa, la compagna Valentina, la sorella Manuela e la figlia Frida), ed inedita, della colona sonora e Bollani ha dichiarato di aver optato per il pianoforte solo perché si tratta della storia d’amore è tra l’opera rock e l’esecutore.
Non è certo un disco semplice, ma il pianista è riuscito a calarsi nelle atmosfere dell’opera rock di Andrew LIoyd Webber interpretando i motivi originali con rigore ed è grazie all’improvvisazione, sottesa alla leggerezza con cui affronta qualsiasi tematica musicale, che il lavoro gode di indubbia “ascoltabilità”.
Probabilmente il fatto che la colonna sonora rappresenti un crogiuolo di varie declinazioni musicali (rock, pop, musical, funk, gospel, jazz), che il pianista ha trovato la possibilità di innestare le sue “variazioni” in un’architettura che lo consentiva.
Tra i brani ricordiamo l’iniziale e breve “Prelude” (unico originale del pianista), “Damned for all time”, dal ritmo quasi sincopato, “The last supper”, dalle delicate atmosfere e dall’incedere esempio di fusione tra una tema riconoscibilissimo ed un’abile improvvisazione.
In conclusione un buon modo per celebrare quest’importante capitolo della musica moderna, con l’auspicio che l’approccio assolutamente personale di Bollani ne stimoli magari il riascolto da parte di chi non lo conosce.