PERUGIA – Solitudine e silenzio di una città che esclude, severa nel suo rigore architettonico medievale, alla quale va celata l’intimità: la canzone d’amore le è sconosciuta, così come a tutti i suoi abitanti è sconosciuto il futuro, i suoi momenti migliori. In questi versi di Sandro Penna, il lirismo e l’intimismo, la solitudine e il silenzio di una città che non parla, ma favorisce senza parole uno stato d’animo: “Era la mia città, la città vuota all’alba piena di un mio desiderio. Ma il mio canto d’amore, il mio più vero era per gli altri una canzone ignota”. Insolita e abbandonata, stralunata e distaccata Perugia ci guarda, aspetta paziente che tutto finisca. Non si cura del ricordo del brulicare di varie umanità che la affollavano sino a qualche giorno fa, perché certa della sua straniata bellezza. Bellezza in solitudine, magnificenza in silenzio. Qualcuno la percorre solitario, nelle vie del centro, quasi in un rituale di preghiera nell’ambito meditativo che stringe la relazione tra l’intimo e l’esterno, nello stretto rapporto tra stupore e meraviglia.
No, Perugia è lì, solida ad aspettarci e a ricordarci come scrisse Fabrizio De André che “la solitudine (il silenzio, suo stretto parente, bisogna imparare ad ascoltarlo. Il silenzio non esiste) non esiste; nel senso che la solitudine non consiste nello stare soli, ma piuttosto nel non sapersi tenere compagnia. Chi non sa tenersi compagnia difficilmente la sa tenere ad altri. Ecco perché si può essere soli in mezzo a mille persone, ecco anche perché ci si può trovare in compagnia di se stessi ed essere felici (per esempio ascoltando il silenzio, stretto parente della solitudine). Ma il silenzio vero non esiste, come non esiste la vera solitudine. Basta abbandonarsi alle voci dell’Universo”. Eccola Perugia che nella sua solitudine si bea del suo silenzio, che fa compagnia a chi sa coglierne anche l’astrazione da una condizione che affolla di paure i nostri pensieri. Quest’alterità forse è per molti di noi anche la prima e più autentica esperienza di solitudine che come disse Schopenhauer è l’unica e più concreta esperienza per essere se stessi. In completa libertà. Soli e uniti, magari a distanza di un metro e più l’uno dall’altro, ma solidi, come le mura di Perugia, della convinzione che ce la faremo.
Foto di Claudia Ioan