FERENTILLO – Un interessante itinerario da percorrere in questa stagione primaverile e senza dubbio quello sulla mulattiera che dal paesino di Gabbio, passando nel bosco conduce a Nicciano e Loreno, per ridiscendere, versante Valnerina, in prossimita’ della abbazia di San Pietro in Valle. Un percorso assai particolare questo, riferito all’antico tracciato che a dorso di mulo, un tempo, comunicava anche tramite Ancaiano, con la citta’ di Spoleto. La mulattiera, Gabbio Nicciano riserva singolari sorprese che, oltre alla presenza di siti di culto e di devozione popolare, mostra anche luoghi di grande interesse antropologico, utilizzati per lo svolgimento di varie attività umane. Cosi lungo il cammino che da Gabbio si inoltra nel fitto bosco, direzione Nicciano e l’altro sentiero per Spoleto, troviamo una antica fornace un tempo utilizzata per la produzione della calce. Realizzata strutturalmente sfruttando il pendio di una cunetta, a fossa semicircolare, ancora presenta le sue caratteristiche originali anche se, i vari smottamenti, hanno compromesso la sua staticita’. La calcinaia, naturalmente, serviva tra l’altro per la produzione della calce per intonaci. La calce veniva prodotta sopratutto con la polvere di alcuni tipi di roccia, presente in buona quantità in questi luoghi, sopratutto nella parte a monte dell’abitato di Gabbio. Negli statuti comunali del XVI secolo in un capitolo si legge: “era vietato, per evitare il deturpamento delle selve, cuocere fornaci di calce nel fosso di Marzano, nella selva di Sacrato, da via del Pianello a quella del Moriconi che va dal castello di Petano nella selva presso il casaletto dei Lombardi, allo Schioppo e verso il Nera”.
Le calcinaie, in barba ai ferrei regolamenti, rimasero attive fino alla fine dell’ottocento, quando si preferì alla produzione artigianale quella industriale. Altra particolarita’ che si può incontrare lungo il sentiero e’ data dalla presenza di una carbonaia o “carbonara”. Una piazzola creata in prossimita’ di un ruscello. Infatti, la nostra e collocata in un canalone dove, dal monte, discende verso valle un piccolo corso d’acqua che si getta nel sottostante fosso di Ancaiano. Il piccolo ruscello però rimane attivo sporadicamente dal periodo invernale alla primavera. Era questo infatti il periodo più propizio per la produzione del carbone. Nei boschi circostanti si possono ancora scorgere residui di queste strutture, come quella in prossimità del castello di Umbriano.
“In un documento del 1210 privilegio di Papa Innocenzo III ad Egidio vescovo di Foligno, si parla di carbonaie antiche, questo attesta la presenza di queste attività già dai secoli XI – XII. Il carbonaio produceva il carbone tramite il taglio dei boschi, il quale era regolamentato da una ferrea legge (come recitano gli statuti comunali del XVI secolo “riformationes” in vigore fino alla fine dell’ottocento) e avveniva presumibilmente nella stagione autunnale. Il carbonaro preparava in mezzo alla radura disboscata una specie di “piazza” dove radunava tronchi e rami sufficienti per una “cotta”. Il legname veniva ridotto in piccoli assi “pizzoli” i quali si sistemavano attorno ad un robusto e alto palo piantanto al centro della piazza detto “pigo”. Man mano che la catasta del legno cresceva, per altezza, stringendosi, assumeva la forma di un pagliaio. Il tutto si ricopriva di foglie umide, di pellicce di terra e cenere. Si estraeva il “pigo” e dal foro lasciato si accendeva il fuoco lasciando ardere lentamente per circa otto dieci giorni (il fuoco ridurra’ quei tronchi da legno a carbone). Il buon andamento della produzione, il carbonaio controllava che il fumo uscisse solo dal foro del “pigo” e non si aprissero falle. Il fuoco, a lavoro ultimato si spegneva da solo. Dopo aver controllato che il fuoco era spento, il carbonaio raccoglieva il carbone e lo deponeva in sacchi di iuta della quantita’ di 60/70 kg cadauna. Il trasporto a valle per la vendita era garantito dai muli. Questa attivita di carbonaio, lo costringeva a stare lontano dalla famiglia per lunghe settimane. Infatti l’assenza era prolungata per circa 20 giorni. In alcuni casi, l’uomo, trasferiva con sé la propria famiglia o attrezzava una capanna o si stabiliva nei locali per lo più stalle di qualche contadino. La carbonella invece veniva prodotta con rami più piccoli, un procedimento semplice: venivano bruciate le fascine e poi fatta soffocare la brace in appositi contenitori. Questo in sintesi e’ una parte di curiosità che si può trovare lungo questa mulattiera prima di raggiungere la ridente frazione di Nicciano (Comunanza Agraria Separata di Nicciano e Loreno).
Qui e d’ obbligo visitare la chiesa di San Michele Arcangelo preceduta da un fontanile – abbeveratoio per animali. L’edificio originario del XIV secolo, ha la facciata a capanna, campaniletto a vela, oculo centrale. Il portale e’ in pietra, dove sull’architrave mostra scolpita la data MCCCCC S.M.A. Sopra l’ architrave, sulla facciata, lo stemma scolpito su pietra del Capitolo Lateranense.
L’ interno, ad unica navata, ha il presbiterio absidato, con dipinti del XVI secolo della scuola dello Spagna: Madonna di Loreto con Sant’Antonio, San Sebastiano; altra Madonna col Bambino con Santi di non chiara interpretazione. Nella parte terminante del sottotetto alcuni frammenti di affresco, mentre, sulla lunetta della porta di accesso alla sacrestia e’ raffigurato San Michele Arcangelo, sempre del XVI secolo. Tutti i dipinti sono attribuiti a Giovanni di Girolamo Brunotti discepolo appunto dello Spagna. Una tela del Rosario con rosarianti e’ del XVII sec. dipinto restaurato e oggetto di venerazione. Al centro dell’abside una statua lignea di San Michele Arcangelo che uccide il drago.
Proseguendo l’itinerario, si raggiunge, in cima al monte, l’ abitato di Lorino o Loreno. Il nucleo originale risale al XIII secolo. La chiesina romanica, ha la facciata a capanna, un campaniletto a vela. Risale anche questa al XIII secolo. Restaurata negli anni settanta, al suo interno, conserva nell’abside, un superstite affresco del XVI sec. raffigurante una Crocifissione e sullo sfondo e dipinto la valle sottostante con la rocca di Ancaiano.
Da qui prosegue il sentiero che conduce alla scoperta del monte Solenne, tra pinete di abeti, per poi discendere verso l’ abbazia. La mulattiera Nicciano – Loreno in questo periodo e’ oggetto di frequentazioni ed escursioni didattiche da parte delle scuole del comprensorio.