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Trenta anni dopo il muro di Berlino: rassegna speciale al PostModernissimo di Perugia

PERUGIA – Sono passati trenta anni da quando a Berlino è caduto il muro che teneva divisa in due l’Europa. Un anniversario importante, che verrà celebrato a partire da martedì con la rassegna “Germania in Autunno”, organizzata come di consueto in collaborazione con l’Istituto Tedesco di Perugia e il Goethe Istitut Italien. Una quinta edizione che torna indietro di trent’anni proponendo uno sguardo  su ciò che era prima e ciò che è stato dopo. Un mondo diviso fisicamente a metà, fatto di donne e uomini intenti a elemosinare un salvacondotto per vedere oltre, andare oltre, ritornare oltre. Poi, un pomeriggio, una notizia ventilata ha cambiato tutto in un istante: “Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventa efficace immediatamente”. Il mondo si trova così improvvisamente a cavalcioni su quei rettangoli di cemento, a ballare sul sottile spessore di quel muro e prendere a martellate la sua anima di ferro. Il giorno in cui il confine cadde, la cortina dell’Est che era nebbia fitta si dissolve. C’erano uomini e donne, sempre gli stessi ma forse un po’ più vecchi, con storie nuove, storie che all’Ovest era il momento di ascoltare. Gli idoli se ne vanno, sono in volo sopra la città: le grandi statue fuggono all’orizzonte, nell’eco un “Good Bye Lenin” che è grido di gioia e lacrima strozzata.

“Germania in Autunno” è diventato quindi momento ideale per portare al PostModernissimo “1989/2019 Trent’anni senza muro”, rassegna di cinema itinerante curata dallo storico e critico del cinema Federico Rossin e da Alessandro Del Re, collaboratore della casa di distribuzione Reading Bloom. Tre dei quattro film proposti stanno infatti “girando l’Italia” con l’intenzione di restituire al pubblico un fedele spaccato di vita nell’ex DDR a cavallo del 1989, anno decisivo per le sorti della recente storia tedesca ed europea.

Si inizierà il 12 novembre con il documentario “Winter ade” (Addio inverno) di Helke Misselwitz, una pietra miliare del cinema del reale che rientra tra i lungometraggi documentari della DEFA – Deutsche Film Aktiengesellschaft, ente cinematografico di Stato della Repubblica democratica tedesca. Poi lunedì 18 “Die mauer” (Il muro) di Jorgen Bottcher, mentre il 25 novembre sarà la volta di “Verrigelte zeit” (Tempo bloccato) di Sybille Shonemann. La rassegna si chiuderà il 2 dicembre con la commedia di Wolfgang Becker “Goodbye, Lenin!”, per guardare con un occhio più “disteso” agli avvenimenti di tre decadi fa. Le proiezioni inizieranno sempre alle 21.00. L’ingresso prevede un biglietto di 7 euro, ridotto a 5,50 per i soci dell’Istituto Tedesco di Perugia e del Goethe Institut.
 
martedì 12 novembre, ore 21 
WINTER ADE’ (ADDIO INVERNO)
DI HELKE MISSELWITZ
DOCUMENTARIO / DURATA 112 MIN / GERMANIA/ 1989
Sulle immagini in bianco e nero del film aleggia spesso una luce tetra, invernale. Insieme ai resti di neve sporca che si vedono sullo sfondo, quel senso di freddezza che ne scaturisce sottolinea le forti emozioni legate alle storie narrate. Su sfondi dimessi il film racconta di una Germania dell’Est completamente diversa da quella propagata nel 1989 dal Partito di Unità Socialista per i 40 anni della RDT. La RDT è tutt’altro che un paradiso per i lavoratori. E le celebrazioni per la festa della donna creano un contrasto forte, quasi brutale, con la realtà mostrata dal film. Winter Adé racconta di tanti tentativi di emancipazione portati avanti con coraggio, ma anche di esistenze non appagate. Nessuno dei numerosi matrimoni ritratti dalla regista ha reso felici i coniugi. “È sempre facile dirlo con il senno di poi, ma in retrospettiva sembra quasi che siano stati anche film come questo a far capire quanto la gente nella Germania dell’Est fosse arrivata allo stremo delle forze. Helke Misselwitz è riuscita a creare un film eccellente sulla situazione delle donne nel suo paese, un film che colpisce grazie alla sensibilità che la regista mostra nel ritrarre le persone” (Fischer Film Almanach 1990). Winter Adé, con questo titolo paradossale, è uno dei pochi film veramente femministi che la ex RDT abbia mai prodotto.
 
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lunedì 18 novembre, ore 21
DIE MAUER (IL MURO)
DI JORGEN BOTTCHER 
DOCUMENTARIO / DURATA 99 MIN / GERMANIA / 1990
Turisti giapponesi lo fotografano, bambini di origine turca ne staccano dei pezzi e li vendono, innumerevoli gruppi di cameraman di tutto il mondo lo utilizzano come sfondo pittoresco: “il muro” che nell’utilizzo linguistico ufficiale della RDT veniva volentieri trasfigurato come “baluardo antifascista”. Böttcher e il suo cameraman Thomas Plenert disegnano in maniera fenomenologica le molteplici attività lungo quella che una volta era la “striscia della morte”, sapendo che in quel momento ogni giudizio distruggerebbe la forza e l’unicità delle immagini. Sono semplicemente grandiose le sequenze riprese nelle stazioni sotterranee fantasma, nelle quali i soldati delle truppe di confine (non più armati) svolgono ancora il loro servizio. Oppure le scene del capodanno 1989/90: un ubriaco grida “Gorbi! Gorbi!” agitando una bottiglia di vodka con lo stesso nome. Die Mauer sovrabbonda di tali momenti metaforici che, tuttavia, non sembrano mai voluti. L’unico commento contemporaneo (e nel contempo performance artistica per eccellenza) consiste in una proiezione di materiale d’archivio su un segmento del muro: così le immagini viste migliaia di volte, risalenti al periodo attorno al 13 agosto 1961, non solo diventano sopportabili ma, per via della sbalorditiva costellazione, ottengono anche una dimensione del tutto nuova. La mostruosa opera di costruzione al centro di Berlino – per più di 25 anni simbolo della guerra fredda – diventa attraverso lo stratagemma del regista schermo della sua propria storia. Poco dopo aver finito il film, Jürgen Böttcher dichiarò che questo sarebbe stato il suo ultimo lavoro in campo cinematografico. D’ora in poi avrebbe voluto dedicarsi esclusivamente alla pittura.
 
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lunedì 25 novembre, ore 21
VERRIGELTE ZEIT (TEMPO BLOCCATO) 
DI SYBILLE SHONEMANN
DOCUMENTARIO / DURATA 94 MIN / GERMANIA / 1990
“Dalla fine degli anni Ottanta ma soprattutto con la caduta del Muro, la realtà si fa talmente urgente anche sul piano personale da spingere alcune cineaste a intraprendere delle indagini storico-politiche a partire dal proprio vissuto. È quanto fa Sibylle Schönemann in Verriegelte Zeit, documentario che a tratti ricorda il cinema di Claude Lanzmann. Nel 1984, la regista e il marito, che all’epoca lavoravano presso gli studi della DEFA, avevano fatto domanda per emigrare ad Ovest e per ciò furono arrestati  con l’accusa di “interferenza con le attività dello Stato”, beneficiando solo dopo un anno di una sorta di “amnistia”. Caduto il Muro, la regista torna a visitare il suo carcere e lì, nella cella che condivisero, con una compagna rievoca le angosce della prigionia. Inoltre, documenti alla mano, si mette sulle tracce di tutti coloro che furono coinvolti nel suo caso: giudici, poliziotti, secondini, informatori della Stasi, il suo capo alla DEFA Hans Dieter Mäde e l’avvocato Wolfgang Vogel, che favorì il suo rilascio e trasferimento ad Ovest. Ciascuno fu a proprio modo un ingranaggio della macchina che le sconvolse la vita, ma in pochi sono disposti a un confronto diretto con lei e a riconoscere le proprie responsabilità. Schönemann utilizza gli strumenti espressivi a propria disposizione per ricercare la verità su quanto avvenne e per rielaborare un trauma profondo all’epoca ancora bruciante.”
 
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lunedì 2 dicembre, ore 21
GOODBYE, LENIN!
DI WOLFGANG BECKER 
COMMEDIA / DURATA 120 MIN / GERMANIA / 2003
Berlino 1989. La famiglia Kerner vive a Berlino Est. Il padre è fuggito all’Ovest ma la madre Christiane è una comunista ortodossa convinta assertrice della linea del Partito Comunista. Un giorno viene colpita da un attacco cardiaco e mentre si trova in coma il Muro viene abbattuto. Otto mesi dopo Christiane si risveglia in una società che è del tutto mutata ma suo figlio Alex è stato messo sull’avviso: lo choc in seguito al crollo del sistema sociale in cui ha creduto potrebbe esserle fatale. È quindi necessario fingere che nulla sia accaduto.

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