PERUGIA – “Ho il cervello grande come un pianeta. E mi fanno solo raccogliere pezzetti di carta”. Impossibile resistere a un messaggio come questo, specie se si è un professore avanti con gli anni, che ne ha viste tante, pure troppe, ma che ancora ha fiuto per capire quando c’è da lavorare in profondità, da scoprire, a cominciare dal misterioso autore dello scritto. Comincia con questa anonima richiesta d’aiuto il romanzo di Lorella Marini “Paranoid Android”, edizioni Scatole Parlanti, prima “fatica lunga” dell’autrice dopo I viaggi di “Esse” e Ritratto di professore in un interno, racconti più brevi, dal taglio prevalentemente lieve e ironico.
Qui il respiro si fa più profondo, la storia si dipana su più fronti fino alla rivelazione finale, tutt’altro che scontata. Lorella Marini non fa autobiografia ma pesca a piene mani dalla sua pluriennale carriera di insegnante, di quelle che tracciano il solco senza pretendere di difenderlo, lasciando ai propri allievi la libertà di sviluppare o meno il proprio talento.
Un lavoro profondo anche sul linguaggio e sul mondo adolescente, a cominciare dal richiamo testuale del titolo al piccolo capolavoro dei Radiohead, dove il protagonista chiede di zittire il frastuono di quelle voci di pollo. Un malessere generazionale che incontra, nel non detto di una classe, le aspre consapevolezze del docente.
Una storia ambientata a Perugia che non insiste forzatamente sui luoghi ma che proprio per questa entra ancora più sottopelle ai lettori delle nostre terre, per capire che pure tra le pietre domestiche della propria città si possono nascondere storie ricche di umanità e intimo travaglio.
Riusciranno i due mondi a incontrarsi? E quando? E dove? Con quali esiti? Qualcosa potrebbe trapelare dalla presentazione che Lorella Marini farà sabato pomeriggio, 9 novembre, a Umbrò, alle 18. Per gli appassionati di libri un’occasione da non perdere, con un’autrice che sembra avere tutta l’intenzione (e le capacità) di non fermarsi qui.
Leonardo Malà