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L'eterna dualità: luci e ombre nel mondo dei funghi

Trombette dei morti, funghi

PERUGIA – Autunno, la terra si prepara al riposo ma allo stesso tempo è ancora prodiga di (spesso immeritati) regali per noi: oltre ai meravigliosi colori, all’aria frizzante e alle castagne, troviamo nei boschi uno tra i più affascinanti e misteriosi doni della natura: il fungo, essere dalla doppia anima da sempre in bilico tra polarità opposte, che attrae ed allo stesso tempo incute timore negli uomini da millenni.
E’ proprio di pochi giorni fa la notizia data dall’Asl1 Umbria secondo la quale sono circa 40 le persone intossicate dall’ingestione di funghi velenosi, che sono dovute ricorrere alle cure del pronto soccorso. L’Asl evidenzia che le intossicazioni sono “uno dei pericoli più insidiosi dell’autunno quando molti si dedicano alla raccolta di funghi spontanei” e che “Quest’anno gli interventi sinora richiesti sono raddoppiati rispetto ai due anni precedenti”. 
Ma perché sempre più persone ogni anno sentono il desiderio di dedicarsi a questa attività, pur conoscendo i rischi cui vanno incontro?
Oltre al crescente richiamo verso un vivere più naturale e più in sintonia con i cicli stagionali, il fascino dei funghi risiede sicuramente nella loro doppia natura e nel loro essere tutto ed il contrario di tutto: creature misteriose dall’aspetto un po’ sinistro ma intrigante, che appaiono e scompaiono velocemente nel folto dei boschi, già luoghi magici di per sé, sede di storie e leggende, dimora di esseri umbratili ed evanescenti come gli gnomi o le fate.
La loro doppia anima si manifesta già nella stessa composizione chimica che presenta sostanze sia del regno animale sia vegetale come ad esempio la chitina, una proteina che si ritrova nei funghi e nell’esoscheletro di insetti e molluschi. Immobili come le piante ma, senza radici, né foglie, né fiori e privi di clorofilla per attuare il processo di fotosintesi, come gli animali si cibano di sostanze organiche. Legno, piante, radici e foglie morte: dalla materia in cui sono immersi traggono il loro nutrimento, dalla morte la vita in un continuo ciclo di rigenerazione continua, svolgendo in questo modo anche il ruolo di spazzini biologici. 
Nelle spore sparse come semi, essenziali per la nascita di nuova vita intravediamo richiami simbolici tipicamente femminili mentre nella forma salta invece agli occhi un simbolismo molto più maschilefunghi
 
Sono presenti da millenni e sempre circondati da un alone di magia in tutte le culture: trovandone solo dopo un temporale, gli antichi egizi ritenevano fossero dono e cibo degli dei, scagliati sulla terra dal fulmine ed erano simbolo di immortalità; per i greci invece simbolo di pericolo. Utilizzati per viaggi e riti sciamanici da alcune popolazioni della Siberia, considerati “carne divina” da Aztechi e Maya, venerati attraverso le “pietre-fungo”, ritrovate in diversi siti del Guatemala, fino ad arrivare agli anni ’60 e ’70, quando, utilizzati per viaggi allucinogeni nell’inconscio, diventano simbolo moderno di sballo e sregolatezza.
Ancora doppia anima nella leggenda secondo la quale i funghi sarebbero nati dalle briciole di pane cadute dalle pagnotte che Gesù e San Pietro stavano mangiando camminando in un bosco. Le due pagnotte erano una bianca ed una nera e le briciole diedero vita ai funghi commestibili e a quelli velenosi.
Nella favola originaria, Alice incontra il Brucaliffo che la ascolta lamentarsi della sua statura mentre è seduta sopra un enorme fungo: fumando una tipica pipa da oppio il brucaliffo (già di per sé simbolo di metamorfosi e rinnovamento nel suo essere in potenza farfalla) in quel punto del viaggio le dice che una parte del fungo fa crescere mentre l’altra fa diminuire.
Vita e morte, crescere e diminuire, maschile e femminile, animale e vegetale, pericolo e immortalità, cibo ottimo e pregiato ma capace di uccidere. Anche chiedendo ad un bambino di disegnare un fungo, quest’ultimo lo disegnerebbe carino e colorato, rosso con i puntini bianchi come la temibile Amanita Muscaria, il fungo tipico dell’immaginario favolistico ma anche uno dei più velenosi.
La prossima volta quindi che ci accingeremo a mettere nel cesto (nel cesto attenzione, aerato e realizzato in fibre naturali intrecciate così da consentire la diffusione delle spore, MAI assolutamente nella plastica!) il pregiato organismo, ringraziamo la natura e tutti gli esseri che ne fanno parte ma ricordiamoci allo stesso tempo che con loro non si scherza, che app sul riconoscimento, foto su internet e “sentito dire” spesso sbagliano e che, onde evitare di incappare nell’anima nera e molto poco simpatica del fungo, fare un salto al più vicino ispettorato micologico nulla toglie alla magia della raccolta.

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