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“Seconda classe”: intervista a Clara Sancricca regista e autrice della nuova produzione dello Stabile dell’Umbria

PERUGIA – Faremo un viaggio in “Seconda classe” con tutto quello che ne consegue con la nuova produzione del Teatro Stabile dell’Umbria affidata a Controcanto Collettivo e che, anno dopo anno, sta conquistando la scena teatrale italiana con un linguaggio essenziale e raffinato, narrazioni originali e profonde sull’umanità.
Lo spettacolo andrà in scena al Ridotto del Teatro Morlacchi di Perugia da sabato 15 a martedì 18 marzo (sabato alle ore 18, domenica alle ore 17, lunedì e martedì alle ore 20.45).
Nelle note di regia si spiega che è un’indagine sul tema della ricchezza, del lusso e della sua esclusività, del chi ha tanto e chi niente. Questa secolare abitudine all’ingiustizia ha fatto sì che allo sforzo di sradicarla, che pure storicamente è esistito, si sia preferito il tentativo di abitarla e, possibilmente, cavalcarla, ciascuno secondo i propri mezzi, gradini e possibilità. Protagonista in scena, appunto, Controcanto Collettivo con Clara Sancricca che del Collettivo è la fondatrice e dello spettacolo ha scritto il testo originale, ne è regista e lo interpreta sul palcoscenico assieme a Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo proprio con lei, con Clara Sancricca.

Clara Sancricca ph Paola Pulli

– C’è un concetto nelle sue note di regia particolarmente interessante: l’abitudine alla secolare ingiustizia. Quali sono i parametri attuali con i quali si misurano ingiustizia e assuefazione?
A me sconvolge, e da qui è partita anche parte della riflessione che poi ha generato lo spettacolo, l’assenza totale di indignazione sociale dell’ultimo periodo. Il concetto di lotta di classe è completamente tramontato perché abbiamo fatto uno scarto per cui, così come si insiste secondo me in modo anche un po’ sleale sul concetto di meritocrazia, poi automaticamente questo comporta pure il riconoscimento di un demerito per coloro che sono in una condizione di inferiorità, di svantaggio perché quelli se lo sono meritato; così come gli altri si sono meritati la loro posizione su gradini più bassi di qualunque scala. E’ un po’ come se, parlo dei poveri anche se è un termine davvero un po’ generico e ingenuo, si sentissero colpevoli di esserlo, no? E molto ammirati da coloro che invece non lo sono. Voglio dire che secondo me è scomparsa la rabbia sociale.

– Nei confronti di chi? Ed è questo quello che emerge in “Seconda classe”?
In parte sì. La riflessione però centrale è il fatto che io banalmente stavo cercando casa e ricordo in questi annunci che imperava lo slogan: esclusivo, esclusivo, esclusivo. Dopo un po’ mi è venuto in mente quanto è orrendo questo termine a modo suo, no? Perché è vero che noi ora lo usiamo con un’accezione che ha fatto dimenticare il verbo che lo sostiene, però di fatto è un modo di dire che sancisce come da alcune cose alcuni siano esclusi. E il fatto che questo ci procuri una specie di vago sollievo e soddisfazione, è comunque qualcosa di profondamente disumano. In questo senso il fatto di sapere che comunque c’è qualcuno al di sotto di noi, procura nella maggior parte delle persone, e un po’ in tutti, delle forme di sollievo.
– Che tipo di sollievo?
Di quel dire ‘vabbè lui sta meglio di me però comunque quell’altro le cose che ho io non ce l’ha’. Da qui la soddisfazione di posizionarsi, nonostante tutto, su un gradino superiore. Quindi seconda classe perché ne ha bisogno la prima, ma la seconda ne ha una terza e la terza ne ha una quarta e ognuno ha la necessità di sentirsi al di sopra.
– La piramide sociale…
Siamo talmente abituati a pensarsi in termini di scala che, appunto, è quella la secolare ingiustizia di cui parlo.

– Il messaggio che arriva al pubblico?
Ci siamo analizzati e confrontati a fondo prima di poterci permettere di sottoporre questa analisi a qualcun altro. Così sul palco c’è un’umanità abbastanza variegata, ognuno può capire dove potersi collocare rispetto alla maturazione di questo sentimento che, bene o male, secondo me, ci abita in alcuni frangenti o comunque in alcuni ambiti.
Dovessimo consigliare allo spettatore uno stato d’animo col quale porsi di fronte a questa vostra rappresentazione quale potrebbe essere?
Il più liberi possibile. In realtà lo spettacolo è estremamente narrativo, non è un manifesto, è una vicenda. E’ da porre attenzione a quelle parole che scorrono in questa vicenda.
– Prima nazionale di uno spettacolo prodotto dallo Stabile dell’Umbria. Mica male come emozione-motivazione.
Intanto è la nostra prima volta che siamo sostenuti, come Controcanto Collettivo, da uno Stabile; quindi stiamo vivendo una grandissima e bellissima novità. Tra l’altro ci siamo sentiti accuditi in un modo straordinario in tutto: abbiamo toccato con mano estrema professionalità e al tempo stesso totale cordialità. Il direttore artistico Nino Marino e il suo staff sono davvero speciali, nel senso che fanno questa cosa con una cura che anche un po’ per nostra deformazione non ci saremmo aspettati da uno Stabile. Infatti fin dai primi incontri ci hanno detto che sarebbe piaciuto loro sostenerci ma senza turbare le nostre dinamiche creative e attoriali perché ritenute dal Tsu i nostri punti di forza.
Del resto noi come Collettivo ci conosciamo da una vita, abbiamo delle dinamiche produttive anche molto specifiche e la prima cura e attenzione del Tsu è stata proprio quella di non intervenire a modificarle.
– Il cast?
Noi sei lavoriamo insieme da sempre e quindi siamo gli attori e anche gli autori del testo perché la drammaturgia nasce dalle nostre improvvisazioni. Poi, in scena, ognuno di noi riporta quello che ha prodotto durante le prove; quindi il testo chiaramente ci appartiene molto e nasce già dentro l’interpretazione. Questa è la prima volta in cui siamo dall’inizio alla fine tutti e sei sempre dentro la scena.
– Lei ha mai desiderato andare in prima classe, magari in un certo ambito?
In treno. Mi è capitato, per sbaglio, nel senso che era rotta l’aria condizionata e ci hanno fatto passare in prima. Per il resto non è una cosa che vivo bene. Diverso può essere il discorso nell’ambito culturale, non certo mi riguarda per quanto riguarda il lusso.
– Come Controcanto Collettivo avete vinto già una marea di premi ma nel 2023 l’Hystrio vi ha assegnato quello di migliore compagnia emergente italiana. Non siete già emersi da un po’?
Vero, però altrettanto certo è il fatto che comunque si lavora in emergenza e quindi è sempre uno stare a galla.

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