TERNI – Si conclude domani, domenica 24 novembre con il Focus Bangladesh e lo spettacolo “Una candela nel buio” di Moni Ovadia e Gabriella Compagnone, l’ultimo giorno di Terni Film Festival, la kermesse promossa dall’Istess con il sostegno di ministero della Cultura, Fondazione Carit e Regione Umbria e la collaborazione dell’impresa sociale San Martino. Ricordiamo che tutti gli appuntamenti sono al Cinema Politeama a ingresso gratuito.
IL PROGRAMMA DI DOMENICA
Ad aprire la giornata – alle 15.40 – Bangla di Phaim Bhuyian: l’attore e regista “50% Bangla, 50% italiano e 100% Torpignattara” torna sul palco del Cinema Politeama dopo aver vinto per tre Angeli nel 2019 con il suo film (prima commedia diretta e interpretata da un immigrato di seconda generazione) e uno nel 2022 con l’omonima serie televisiva.
A Phaim spetterà dunque introdurre il focus dedicato al suo paese di origine che vede la proiezione di tre corti in concorso – Laila di Bani Somadder, The Taste of Honey di Fabeha Monir e The Rebirth of Bangladesh di Mohammad Rakibul Hasan.
Ospite d’eccezione del pomeriggio è Ahmed Muztaba Zamal, direttore del Dhaka International Film Festival.
Alle 17.30 la comunità bangladese di Terni farà conoscere storia, cultura e sapori del propri paese con danze, canti, testimonianze e degustazioni di piatti tipici.
A chiudere la giornata e il festival, alle 21, è lo stesso direttore artistico Moni Ovadia, che insieme alla sand-artist Gabriella Compagnone presenta lo spettacolo Una candela nel buio, con cui il direttore del festival propone le poesie dello scrittore palestinese Mahmoud Darwish.
UNA CANDELA NEL BUIO
Lo spettacolo con cui da mesi Ovadia e Compagnone stanno girando l’Italia, nasce proprio al Terni Film Festival: qui si sono infatti conosciuti due anni fa con Moni Ovadia direttore artistico di Istess Cinema e Compagnone come direttrice artistica di Istess Arte.
Moni Ovadia: “Per cosa si definisce un popolo? Per molteplici aspetti come le tradizioni, la memoria, una cultura nazionale, per diversi altri moti emozionali difficili da tradurre con precisione in parole. Ma non vi è dubbio alcuno – spiega Ovadia – che l’identità di un popolo ha uno dei suoi pilastri portanti nella poesia, nella letteratura. La Palestina di poeti ne ha generati diversi. In particolare il grandissimo Mahmoud Darwish è il poeta nazionale del popolo palestinese ed esprime nei suoi versi l’interiorità della sua gente e i suoi più profondi sentimenti ma nei suoi versi è altresì presente un potente afflato universale e ciò fa di lui uno dei più intensi poeti del Novecento. Ma come arabo respira in lui anche l’ineffabile alito del deserto, spazio/tempo dell’esilio, dello sconfinare, dell’anelito alla libertà e alla dignità alle quali Darwish in quanto palestinese aspira con irrinunciabile forza”.
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