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Stasera 12 ottobre il teatro di Eduardo De Filippo: “Dolore sotto chiave” e “Sik-Sik, l’artefice magico”

Per la nostra rubrica Da vedere in tv segnaliamo stasera, 12 ottobre, il grande teatro di Eduardo De Filippo con “Dolore sotto chiave – Sik-Sik, l’artefice magico” su Rai 5 alle 21,15.

Si tratta di due atti unici di Eduardo De Filippo riuniti in un dittico con la regia di Carlo Cecchi. Due piccoli gioielli della tradizione eduardiana che sono una riflessione sul mondo del teatro come metafora della vita. “Dolore sotto chiave” nasce come radiodramma nel 1958, andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso. Viene portato in scena due volte con la regia dell’autore, con Regina Bianchi e Franco Parenti nel 1964 (insieme a Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello) per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli e nel 1980(insieme a Gennareniello e Sik-Sik) con Luca De Filippo e Angelica Ippolito. Lucia, sorella di Rocco, per molti mesi nasconde al fratello  nel timore che questi possa compiere un atto inconsulto – l’avvenuta morte della moglie Elena e finge di occuparsi delle cure della donna, gravemente malata. Lucia impedisce a Rocco di vedere la moglie, con la scusa che la sua sola presenza potrebbe causare emozioni che potrebbero esserle letali. Rocco, esasperato dalla interminabile agonia di lei, in una crisi di rabbia entra a forza nella stanza della malata e la scopre vuota. Lucia gli rivela l’amara verità: la moglie è morta da tempo, mentre lui era in viaggio per lavoro. Comincia qui un alternarsi di responsabilità e accuse fra i due fratelli; si presentano, non voluti da Rocco, i vicini, per sostenerlo nel lutto; infine Rocco rivelerà alla sorella i suoi segreti. Torna in scena il tema della morte, affrontato da Eduardo in tante sue opere, in chiave comica, seria o semiseria: da Requie a l’anema soja, al primo atto di Napoli milionaria! fino al parodistico funerale dell’ultimo lavoro, Gli esami non finiscono mai.

“Sik-Sik, l’artefice magico”, atto unico scritto nel 1929, invece è uno dei capolavori del Novecento: “Come in un film di Chaplin – racconta Carlo Cecchi – è un testo immediato, comprensibile da chiunque e nello stesso tempo raffinatissimo. L’uso che Eduardo fa del napoletano e il rapporto tra il napoletano e l’italiano trova qui l’equilibrio di una forma perfetta, quella, appunto, di un capolavoro”.  Sik-Sik (in napoletano, sicco significa secco, magro e, come racconta lo stesso Eduardo, si riferisce al suo fisico) è un illusionista maldestro e squattrinato che si esibisce in teatri di infimo ordine insieme con la moglie Giorgetta, e Nicola che gli fa da spalla.

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