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Racconto breve di Carlo Favetti: “Caldarroste lungo Tevere de’ Cenci con Federico Garcia Lorca”

Proponiamo ai lettori di vivoumbria.it un nuovo racconto breve dal “sapore autunnale” di Carlo Favetti fin dal titolo.

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Caldarroste lungo Tevere de’ Cenci con Federico Garcia Lorca

di Carlo Favetti

Entrati in autunno, si stava avvicinando sempre di piĆ¹ il giorno del congedo, diciamo che mancavano un paio di settimane a quel 19 novembre del 1980 che per alcune circostanze, desideravo che giungesse subito. A volte mi mettevo a pensare a tutto quel tempo che era volato via in un baleno alla capitale, le amicizie, le varie conoscenze diĀ  quei luoghi fantastici, le emozioni… diciamolo pure, miĀ  sono divertito abbastanza. In quei giorni di fine ottobre, il mio pensiero era sempre quello: che avrei ripetuto, se mi avessero datoĀ  la possibilitĆ ,Ā  tutta quella bella esperienza nell’ Arma,Ā  dal primo giorno, quando misi piede alla caserma Rebeggiani di Chieti per poi proseguire all’ VIII BTG Lazio. Ormai a 19 anni andavo incontro al mio destino. Avevo giĆ  il futuro tra le mani, innanzitutto per quanto riguardava il lavoro sicuro, a pochi passi da casa e questo, mi rassicurava, ma ero anche consapevole di lasciare un po’Ā  di me in quella cittĆ  che tanto mi aveva dato, anche se per poco tempo. Quel giorno piovoso ero di servizio dalle 7 fino alle 13 in Via Palestro. Era un servizio di vigilanza molto stressante, dentro una camionetta, lungo una via dove erano situate alcune ambasciate e abitazioni di funzionari. Rientrai da quel servizio con una stanchezza tale da saltare il pranzo e coricarmi per un paio di orette: ci voleva proprio quel riposino. Il pomeriggio si presentava bene e quindi approfittai anche del tempo discreto per uscire al fine di distrarmi un po’. Sul pullman mi ricordai che quel giorno era il compleanno di mia sorella Simonetta; pensai, appena scendo gli telefono eĀ  comprare, perchĆ© no, anche un regalino tanto nel fine settimana sarei ritornato al paese per una piccola licenza pre congedo. Lungotevere De’ Cenci, giĆ  gli alti platani lasciavano cadere le foglie dagli alberi coprendo il marciapiede, in un angolo, vicino all’ edicola, una bancarella dove un ragazzo cuoceva le castagne su un vecchio bidone adattato a bracere e una piccola folla di turisti era attorno,Ā  in attesa di comprare un cartoccio. L’odore delle caldarroste fumanti addolciva l’aria, mi accodo, invitato da quel profumo d’autunno al gruppetto, lƬ in prossimitĆ  di Ponte Garibaldi. Davanti a me due turiste in carne, che dall’abbigliamento sembravano di nazionalitĆ  americana. Guardavo quel giovane vestito in jeans, camicia a quadroni e un cappelletto che gli copriva la folta capigliatura scura. Continuavo a guardarlo mentreĀ  sceglieva tra la brace scoppiettante le castagne cotte e che riponeva nel cartoccio. Dopo i saluti, il ragazzo mi guarda e mi chiede se anche io desideravo acquistareĀ  le sue castagne. ” E’Ā  dura ma credo che a fine giornata qualcosa anche io porterĆ² a casa, anche se nella mattinata di oggi ha piovuto e quindi l’ incasso ĆØ stato magro”. Sceglieva tra i carboni le castagne piĆ¹ belle. In attesa, mi seggo sul muretto e guardo il Tevere che scorreva silenzioso sotto gli alti piloni del ponte. Mi volto e il ragazzo aveva riempito il cartoccio.Ā “Tenga, ho scelto le castagne piĆ¹ belle, sono sicuro che saranno di suo gradimento, questa ĆØ una qualitĆ  che viene dai monti Cimini, alcune piante sono addirittura centenarie. Se le gusti piano piano, come quandoĀ  si legge un libro diĀ  poesie – poi abbassa lo sguardo e continua – a lei piacciono le poesie? Io sono un appassionato di Federico Garzia Lorca se non disturba o l’annoio mentre degusta le mie castagne ne recito una breve – lo guardo incuriosito e lo ascoltai con interesse – “un libro di poesie /ĆØĀ  un autunno morto/ i versi sono le foglie/ nere sulla bianca terra/e la voce che li legge/ ĆØĀ  il soffio del vento/ che li affonda i cuori/ ultime distanze”.

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