CASTIGLIONE DEL LAGO – Un repertorio inconsueto e raffinato, di autori che hanno svolto un ruolo determinante per lo sviluppo del linguaggio pianistico; un percorso, quello offerto dal musicista tifernate Alessandro Bistarelli, che mira alla valorizzazione della musica per pianoforte del nostro paese, dalle Sonate classiche di Muzio Clementi fino al contemporaneo Luigi Verdi, passando per le Elegie di Ferruccio Busoni, scritte nel 1907. I brani, di grande valore tecnico e artistico, raramente inseriti nelle stagioni concertistiche, sono stati presentati il 14 agosto all’interno della XX edizione del Festival di Musica Classica di Castiglione del Lago e accolti con il plauso unanime del pubblico presente a Palazzo della Corgna.
Abbiamo incontrato Alessandro Bistarelli al termine del concerto.
Un programma interessantissimo, a partire dalle due Sonate di Clementi, l’op. 13 n.6 e l’op. 40 n.2. Compositore fondamentale per lo sviluppo della tecnica pianistica, didatta e costruttore, considerato il padre del pianoforte, Clementi è stato, inoltre, il primo a potenziare le qualità timbriche ed espressive dello strumento attraverso una vasta e significativa produzione musicale. Perché è così poco eseguito?
Purtroppo, a partire da Mozart, è stato spesso tacciato di tecnicismo per le difficoltà che si incontrano in tanti suoi passaggi, ma studiare Clementi non è un esercizio meccanico fine a se stesso, e le sue grandi sonate non hanno nulla da invidiare a quelle di Beethoven. Le composizioni che ho presentato questa sera sono molto difficili, richiedono un pianismo di grande agilità, ma, allo stesso tempo, spessore, profondità. Clementi dimostra una ricchezza armonica fuori dal comune e una drammaticità intensa che precorre i tempi.
Negli ultimi anni ti sei concentrato sullo studio di Skrjabin. Un lavoro lungo e approfondito che ha prodotto un libro sulle ultime produzioni pianistiche del compositore russo per l’editore Zecchini, un CD per la Sheva Collection e una serie di concerti monografici. Qual è il tuo progetto ora?
Vorrei eseguire l’integrale delle Elegie di Busoni e un programma intero con musiche di questo grande compositore del quale ricorrono i 100 anni dalla morte. Stasera, delle 7 elegie BV 249, ne ho suonate 4: Nach der Wendung (Dopo la svolta), Die Nächtlichen (Notturno), Erscheinung (Apparizione) e Berceuse (Ninna nanna). Si tratta di un lavoro ampio, articolato e di grande difficoltà tecnica. Alcune Elegie presentano un linguaggio tardo Ottocentesco vicino alle parafrasi su arie d’opera di Liszt, con un virtuosismo spinto ai limiti, altre, invece, sono sperimentali e ricercano un nuovo stile personale. Alle Elegie vorrei aggiungere altre composizioni dell’ultimo periodo per realizzarne un’incisione discografica e una trattazione sistematica, come è stato per Skrjabin.
Sei molto attento ad offrire una lettura vicina alle intenzioni del compositore.
Cerco di coniugare la mia sensibilità con la visione del compositore. Nell’approcciarmi a Tre studi marini ho consultato a lungo il compositore Luigi Verdi, proprio per dare una lettura autentica del mio sentire senza tradire l’idea espressiva originale.
Ciò che traspare immediatamente dal tuo modo di suonare e di parlare è la passione per il pianoforte, per i compositori che affronti e per tutto il lavoro di ricerca e di studio che ti impegna da anni.
La musica è una parte essenziale di me. Bisogna prima di tutto amare la musica, non se stessi nella musica. Molti musicisti mettono al centro l’esibizione, l’esteriorità, la spettacolarizzazione del gesto e si avverte una separazione tra l’esecutore e il pianoforte. L’interprete deve essere una cosa sola con lo strumento. Tutto dovrebbe partire da dentro, dalla propria sensibilità, dall’esigenza di esprimere se stessi e non dal desiderio di apparire. La rincorsa all’esteriorità, figlia dei nostri tempi, è pericolosa.
Un consiglio per i giovani pianisti.
Di essere curiosi, di non fermarsi al noto, a ciò che viene proposto abitualmente dai maestri o nelle sale da concerto. Io, fin da piccolo, ho ricercato brani meno conosciuti, autori poco eseguiti; questo desiderio di conoscere e scoprire è il motore che mi ha avvicinato anche alla musicologia, uno studio, a mio avviso, determinante per entrare profondamente nell’opera di un compositore.