PERUGIA – Il regista Carlo Sironi sarà a Perugia domani sera, venerdì 26 luglio, ospite della rassegna “FuoriPost Festival” al Barton Park per presentare il suo secondo film, dopo “Sole” del 2019, “Quell’estate con Irène”, produzione italo-francese. Il film ha ottenuto una candidatura ai Nastri d’Argento ed è stato presentato e accolto davvero bene alla 74esima Berlinale.
La pellicola racconta l’amicizia di due 17enni che decidono di scappare su un’isola (Favignana ndr.) per poter finalmente vivere la loro prima vera estate. Infatti Clara e Irène hanno un passato in comune in una clinica oncologica. Clara è timida e insicura, Irène è molto disinvolta. Entrambe hanno il desiderio di dimenticare ciò che hanno passato e vivere il presente. Da qui l’idea di una vacanza insieme.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo con Carlo Sironi.
– Come le è venuta l’idea di un film sull’adolescenza?
E’ difficile spiegare con delle motivazioni logiche; il film mi è venuto in mente in una maniera involontaria. Non è frutto di una ricerca quanto piuttosto, direi, dell’inconscio. Ascoltavo un brano dei The Cure “To wish impossible things”. Ricordo che ero a due settimane dalle riprese di Sole, in un momento in cui c’era poco spazio per l’ispirazione. Ho comunque appuntato in due paginette ciò che mi era venuto in mente ascoltando il brano, una vera e propria visione lunga, 5 minuti di canzone. Presi appunti: Clara e Irene, il contesto e gli anni in cui si incontravano che riconoscevo istintivamente essere i miei, più o meno alla fine degli anni 90. E ancora la malattia, la fuga sull’isola e il loro rapporto di amicizia.
– Cos’è stata per lei l’adolescenza e come l’ha rappresentata?
Attesa.Abbiamo intervistato tante ragazze e ragazzi che hanno fatto dei percorsi simili a quelli che avevamo immaginato per Irene e Clara. Ed è emersa questa sensazione: lunghi pomeriggi che si assomigliano un po’ tutti, l’attesa delll’estate che è la stagione in cui ci aspettiamo esperienze nuove, impreviste, e che sia la vita a venire da noi, rispetto al resto dell’anno seguiamo un percorso prestabilito.
– La scelta delle attrici?
Mi trovavo a Parigi e ebbi l’occasione di vedere un film con Noée Abita, “Ava”. Mi colpì la sua recitazione al punto che mentre con Silvana Tamma stavamo scrivendo scrivendo la sceneggiatura, le feci vedere il film e un po’ il personaggio, un po’ il carattere stesso di Noée ci hanno convinto. Lei lesse il copion che sotto molti aspetti abbiamo calato su di lei, e si è appassionata; aveva più di un anno di tempo per studiare l’italiano prima dell’inizio delle riprese e così è andata. Per quanto riguarda Camilla Brandeburg l’abbiamo trovata tra centinaia di ragazze. E’ un’attrice professionista alle prime armi, aveva solo fatto un piccolo personaggio in una serie televisiva ma ci è sembrata una persona speciale. Abbiamo lasciato loro molto spazio nel proporre considerazioni sul carattere dei personaggi che sono state chiamate a interpretare.
– Ci sono riferimenti a brani letterari e alla letteratura in genere…
Una mia passione nata, per l’appunto, in età adolescenziale anche per la necessità di capire la vita attraverso la letteratura. Rimasi impressionato da un testo come Pan del norvegese Knut Hamsun. Per questo mi rivedo molto nel personaggio di Clara. Durante la scrittura Silvana recitava spesso un brano di Walter Whitman: fuggiamo veloci come fa la Natura. Insomma. i tre brani che compaiono appartengono al mio vistuto. A volte, anche quando leggiamo dei brani che parlano di cose apparentemente molto, diverse dalla nostra esperienza del momento, abbiamo la sensazione forte che in qualche modo non solo stiano parlando a noi perché stiamo leggendo, ma che stiano parlando di noi. E quel legame, come dire, con il passato che ti dà la letteratura e non te lo dà niente.
– Che effetto le hanno fatto i tanti apprezzamenti ricevuti a Berlino?
Ne sono molto contento perché anche il mio primo film era andato bene, ma forse la critica l’aveva riconosciuto un pochino meno e, in effetti, è un film molto diverso da questo.
Tant’è, Berlino ci ha permesso di fare in modo che la pellicola sia stata acquistata all’estero: il film uscirà in Francia, in Spagna, è stato acquistato in Cina, in Bulgaria, ora probabilmente arriveranno altri Paesi.
– A cosa sta lavorando adesso?
All’adattamento di due romanzi. Sono ancora in fase di lavoro e di comprensione su quale dei due è quello più giusto in questo momento. Sono un po’ superstizioso e preferisco non dire troppo, però questa volta voglio partire da un’idea forte altrui e adattarla per il cinema, facendo un tipo di percorso inverso, partire da una struttura più narrativa e meno, come dire, episodica e anche onirica rispetto agli altri miei lavori.
– Sarà a Perugia tra pochi giorni. Che rapporto ha con l’Umbria?
Particolare perché è stata la regione in cui mio padre ha passato gli ultimi anni della sua vita e aveva una casa in campagna vicino Costacciaro, quindi ho vissuto molto con lui in Umbria che è una terra straordinaria, ricca.
Aggiungo che, per restare nel nostro ambito, ci sono realtà inerenti la cinematografia davvero interessanti: sono super contento di partecipare a questa iniziativa del PostModernissimo per il lavoro capillare che continua a compiere e soprattutto di ampliamento di iniziative sul territorio.
E’ quello di cui avrebbero bisogno tutte le regioni e tutti i capoluoghi d’Italia perché c’è voglia di scoprire cinema interessante, il fatto è che semplicemente si è perso il modo di raccontarlo, di proporlo al pubblico: invece ci deve essere un luogo che, come dire, unisce, anche perché c’è una grandissima curiosità da parte del pubblico e per questo sono convinto che il cinema avrà un grande ritorno di fiamma.
– Ho avuto l’opportunità di intervistare suo padre, Alberto. Cosa le ha lasciato, soprattutto, in eredità?
L’amore e la passione per la letteratura.
– Mi confessò che gli sarebbe piaciuto realizzare un docu film su Mariolino Corso. Ne sa qualcosa?
Guardi, fin da bambino ho sentito parlare di questo giocatore dell’Inter del quale so tutto: mi ha fatto leggere, visionare di tutto, me lo ha mitizzato nei suoi tanti racconti e voleva a tutti i costi che tifassi Iter.
– Invece?
Tifo Roma.