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“L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo rivissuta da Fausto Russo Alesi

PERUGIA – Dal Comunale di Todi al Morlacchi di Perugia. Intensa settimana tutta umbra, questa, per “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo rivissuta da Fausto Russo Alesi. Perché di questo si tratta. Non una rappresentazione ma una proposizione. Reale. Carnale. Articolata e aggiornata, nemmeno troppo, ahimè, alle problematiche legate al nostro tempo che poggiano sulle radici di un’opera-manifesto che chiedeva nell’immediato dopoguerra al Paese una cosa su tutto: dignità. Dignità alla cultura. Dignità al teatro. Dignità all’attore. E allo spettatore, non soltanto chiamato all’ascolto, ma alla condivisione, all’impegno personale, civile, militante “per”. Posizione impegnativa anche, e soprattutto, se si è sul palco di primo ordine riservato alla nuova borghesia sgomitante del dopoguerra della generazione di Eduardo e del dopo tutte le guerre dei giorni nostri.
Per questo abbiamo cercato di comporre un’intervista non seduta. Prima, però, assolviamo a una esplicita richiesta coerente, visto il contesto, del regista Fausto Russo Alesi: l’evidenza dell’attore. Alzato il sipario, compariranno lo stesso Fausto Russo Alesi, David Meden, Sem Bonventre, Alex Cendron, Paolo Zuccari, Filippo Luna, Gennaro De Sia, Imma Villa, Demian Troiano Hackman e Davide Falbo. L’intervista è a due voci: il regista e il “prefetto” in commedia Alex Cendron. Tagliata, non censurata, per motivi di spazio. Ricordiamo che lo spettacolo è in scena anche stasera, sabato 13 aprile, e domani.

– Alesi, mi scusi, tanto lui non ci sente: Cendron che ho intervistato prima dl lei ha confessato un certo stupore per il fatto che lo abbia scelto per la parte del prefetto…
E’ un bravissimo attore e ho pensato che potesse essere l’interprete giusto per quel ruolo all’interno di una compagnia dove ogni attore è stato scelto in maniera attenta, specifica perché volevo restituire la dimensione corale del testo e rappresentare capocomici ognuno con la loro esperienza, provenienza, formazione differente e, tutti, capaci di raccontare il teatro.
– Cendron, nel suo lungo e prestigioso curriculum per la prima volta interpreta un testo di Eduardo…
Vero. Una chiamata inaspettata ma gratificante perché conoscevo il testo di Eduardo al quale mi ero avvicinato durante la pandemia per il mio impegno sindacale e personale per difendere il lavoro e l’esistenza dello spettacolo del vivo e dell’attore. Ero parte attiva di Unita.
– E come si è trovato nel ruolo che le è stato assegnato del prefetto?
Gratificato. Nel senso che la trasposizione teatrale che ne ha fatto Russo Alesi è molto aderente al testo e il mio ruolo è quello di colui che è nella scena ma allo stesso tempo osserva ciò che accade intorno a lui. Ed è davvero un punto di osservazione stimolante.
– Il Covid ha lasciato qualcosa di importante in questo senso o siamo al punto di prima?
La riforma Franceschini del 2014 – dice Cendron – aveva posto alcune premesse importanti anche se non sufficienti a rispondere pienamente alle esigenze di chi fa il nostro mestiere. A distanza di dieci anni e nonostante le sofferenze del post pandemia non so che attenzione potremo avere dagli attuali interlocutori che sono ora al governo del Paese.

– Lei, Russo Alesi, dieci anni fa, in Senato, commemorò mirabilmente il trentennale della morte di Eduardo recitando da solo parti di Natale in casa Cupiello, testo compreso anch’esso nella “Cantata dei giorni dispari”. Un consesso che l’ha applaudita ma ha realmente compreso il ruolo che stava interpretando per la categoria?
Ha citato un episodio che mi porta, in doverosa premessa, a ringraziare Luca De Filippo e Carolina Rosi a cui sono grato per la generosità che mi dimostrarono consentendomi di portare a teatro Natale in casa Cupiello. Detto questo, portiamo in scena questo testo per la sua attualità politica. Nel senso più ampio, quello dei diritti correlati alla persona e alla sua dignità essenziale per la sua formazione; i diritti primari: sanità, istruzione, lavoro, cultura.
– C’è da essere pessimisti?
Francamente – ribatte Russo Alesi – questo spettacolo viene accettato dal pubblico, sento che è pronto ad ascoltare queste parole. Durante il Covid l’Italia, tutta, si è fermata; tutto il mondo si è fermato. Il nostro settore, insieme ad altri, è stato molto penalizzato, ma il pubblico ha potuto sentire pienamente il peso di questa nostra assenza. Non a caso, appena tutto è terminato, i teatri si sono immediatamente riempiti, così come progressivamente sta avvenendo per le sale cinematografiche. Questo bisogno di stare insieme dal vivo nell’arte è qualcosa di imprescindibile. Certamente il settore continua a faticare perché viviamo in un’epoca in cui tutto deve tornare utile.
– In che senso?
Devono quadrare i conti – spiega Russo Alesi -ma questo ha un suo prezzo del quale dobbiamo essere consapevoli. Ho voluto proporre il testo di Eduardo perché universale, nel senso che impone un ragionamento sociale alla società nei confronti dell’arte, della cultura, dell’emancipazione umana. L’arte si avvicina a ogni essere umano, fa vedere quelle che sono le crepe del sistema. Il filtro del teatro è qualcosa che politicamente va compreso. Questo è un testo estremamente arrabbiato, politico, ma vuole essere innanzitutto un atto d’amore nei confronti dell’arte, del bisogno che venga ascoltata e riconosciuta nei suoi diritti e nelle sue specificità.
– Sareste contenti se alla fine di questo spettacolo uno spettatore vi dicesse?
Wow – dice Cendron – sono tematiche a cui non avevo mai pensato, non mi sentivo coinvolto, invece mi hanno emozionato, mi hanno messo qualcosa in testa, un dubbio e, da oggi in poi guarderò al teatro e ai teatranti con occhio diverso.
– Lei, Russo Alesi, nelle note di regia auspica: una istintiva risata liberatoria…
Io mi auguro che quando siamo a teatro qualche cosa accada. Sempre. L’importante è che non usciamo uguali a quando siamo entrati; che veramente sia accaduto qualcosa e va benissimo qualsiasi reazione, anche contraria. Ci porta avanti rispetto all’indifferenza che è la cosa che più mi spaventa.

– Le risparmio, Russo Alesi, la domanda sui programmi futuri, ma non quelle della battuta che le piace più recitare in questa pièce e di cosa si prova a essere regista.
La battuta è: il teatro non è morto. Riguardo la regia, a me piace avere la possibilità di entrare a 360 gradi nelle maglie di un testo e coltivare un progetto, creare un luogo, poter portare in scena ciò in cui credo e che penso possa essere un qualcosa che è giusto condividere.

Foto: Anna Camerlingo

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