Cerca
Close this search box.

Oggi a Todi torna la Biennale d’arte contemporanea all’insegna del dialogo tra Oriente e Occidente

TODI – Attorno al Tempio di Santa Maria della Consolazione l’antiquario e gallerista Diego Costantini, già nel 2022, immaginò l’incontro a Todi fra Occidente e Oriente attraverso la Cina e il suo modo di interpretare l’arte contemporanea. La Biennale del 2022 viene ora bissata con la seconda edizione che verrà inaugurata oggi, 9 febbraio, all’insegna di “Festività”, l’installazione di Jiaming Du, 29enne di Guangdong (nelle foto) selezionata tra i molti progetti presentati e che rimarrà esposta fino al 3 marzo, assieme a un programma collaterale di mostre e iniziative culturali.

Nella Sala delle Pietre, domani 10 febbraio, esposizione curata da AAIE center for Contemporary art di Wang Yongxu, gallerista cinese con sede a Roma, con più di 20 opere di cinque artisti selezionati.

Nella Sala Vetrata dei portici comunali saranno esposti i progetti dei partecipanti alla seconda edizione della Biennale di Todi.

Inoltre verranno mostrate quattro opere della collezione dell’ambasciatore Paolo Sabbatini, mentre alla Tower Gallery sarà allestita la personale di Du Jiaming. Sempre il 10 febbraio convegno sui rapporti culturali tra Italia e Cina alla Sala del Consiglio di Todi con Filippo Camerota, direttore del Museo Galileo Galilei di Firenze; Saverio Ricci, docente all’Università della Tuscia; Rosanna Ruscio, docente all’Accademia di Brera, e lo stesso Paolo Sabbatini.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo con il direttore artistico e anima della Biennale di Todi, Diego Costantini.
– Conferme e differenze di questa biennale rispetto alla precedente?
La costante consiste nell’unicità di questo che è un concorso unico forse al mondo, dove gli artisti partecipanti devono essere obbligatoriamente cinesi.
Questo è l’elemento che caratterizza maggiormente il progetto della Biennale di Todi. Un elemento che di fatto rappresenta anche la sua differenziazione, nel senso che in Italia e nel mondo ci sono tantissimiconcorsi e, per differenziarci, senza alcuna volontà discriminatoria ma invece connotativa, abbiamo scelto questo focus sugli artisti cinesi.
-Perché proprio la Cina?
Perché le Accademie italiane, a differenza delle altre in Europa e nel mondo, sono piene di ragazzi cinesi che vogliono studiare in Italia. Da qui l’intenzione di mettere in risalto questo aspetto dedicandogli il concorso. L’aspettativa è quella di consolidare la Biennale aumentando i partner che ci seguono e che ci sostengono non finanziariamente bensì con le idee per la sua realizzazione.
– In che modo?
In questa seconda edizione siamo riusciti, ad esempio, ad avere la collaborazione del museo Galileo di Firenze con il suo direttore Filippo Camerota che terrà una conferenza sabato 10 febbraio sul tema “Il Mappamondo di Fra Mauro e la Cina di Marco Polo”.
– Che cosa ci portano e, a loro volta, si portano dietro, dopo questa esperienza gli artisti cinesi?
Si deve partire da un presupposto: loro mangiano con le bacchette e non con la forchetta e il coltello; per questo hanno una loro modalità nel muovere le mani. Ancora: il loro modo di parlare è dettato dagli ideogrammi. Questo crea una costruzione mentale completamente differente dalla nostra. Nella loro tradizione la calligrafia è la cosa più importante che esista. Addirittura mi sembra che in Cina ci siano 50, 60 modi di scrivere a seconda delle diverse regioni cinesi. Tutto ciò si riflette in tantissime opere di arte contemporanea fatte da loro. Si riconosce immediatamente la mano cinese che crea paesaggi, come si potrà costatare alla Sala delle Pietre osservando le opere di Wang Chengdong e i suoi paesaggi innevati rappresentati con minuzia calligrafica.
– Con che spirito si deve andare a questa Biennale di Todi?
La miglior cosa sarebbe quella di venire senza uno spirito e di costruirselo qui.
– Ci parla dell’opera vincitrice del concorso e del perché è stata scelta?
Per la consonanza che l’istallazione ha con il contesto e il monumento simbolo di Todi e della sua festa: l’8 settembre, Santa Maria della Consolazione. Oltre al rito religioso, c’è la tradizione dei fuochi d’artificio che sono stati inventati dai cinesi e che richiamano la natura e il forte legame che li lega ad essa. Quando si “aprono”, quei fuochi, formano crisantemi, peonie… Quelle aperture simboleggiano i fiori e quindi la natura. Allo stesso tempo i fuochi sono effimeri, durano pochissimo, quindi Du Jiaming ha pensato di tenerli in vita con questa istallazione che stando all’aperto crea, soprattutto in questo caso, un dialogo importantissimo con il Tempio, anche per le sue dimensioni, elemento essenziale di questo tipo di opera, tanto che a volte capita che un artista si rifiuti di fare un’opera site specific proprio perché la sua arte non è così concepita.
-Lei è romano. Che giudizio dà del rapporto che l’Umbria ha con l’arte contemporanea?
Il punto di partenza è quello degli investimenti, dei soldi che fanno sì che la politica si muova oppure no.
Con l’arte contemporanea tu non hai mai un successo immediato, ma nel tempo.
E’ la perseveranza che consente di raccogliere i frutti assieme alla politica che crede in determinati progetti, come nel caso felice del Comune di Todi.
– Sta qui il futuro anche dei musei?
L’ arte contemporanea è il linguaggio che oggi funziona per parlare con le persone. Ma questa è una cosa normalissima, una cosa che è sempre accaduta. I musei non sono mai stati pieni. Nel ‘700 a frequentarli non era il popolo, ma l’élite che aveva il grado d’istruzione adeguato per entrarci. Oggi, invece, anche per l’ampliarsi della platea potenziale, l’arte contemporanea funziona e fa venire persone. Una cosa fondamentale è consentire di usufruirne oggi, domani, dopodomani, con continuità.
– Sarebbe contento se un visitatore della Biennale di Todi le dicesse?
Grazie. Perché in ciò che ha visto ha trovato un suo arricchimento.

Articoli correlati

Commenti