PERUGIA – Disponibile online e ora presso la Feltrinelli e la Libreria Grande, è recentemente uscito “Il Graal a Perugia”, ultimo libro di Costanza Bondi con la collaborazione del dottor Augusto Vasselli, il professor Franco Mezzanotte e l’assessore Margherita Scoccia, edito da Intermedia Edizioni.
Frutto di un lungo lavoro di ricerca svolto nella Chiesa di Sant’Agostino in corso Garibaldi a Perugia, il volume conduce il lettore in un percorso iniziatico di scoperta del misterioso simbolo del sacro Graal, gettando una nuova luce su questo antico luogo di culto strettamente legato ai templari.
Nell’attesa dell’anteprima, che avverrà il 28 ottobre a Palazzo Graziani durante Umbria Libri e della presentazione ufficiale del 12 dicembre alla Sala della Vaccara, abbiamo chiesto all’autrice di svelarci qualche dettaglio di questa affascinante storia.
Come introdurresti il lavoro che hai svolto a chi non ha consuetudine né con l’esoterismo né con gli archetipi?
Partiamo dall’uomo, che dalla sua comparsa ad oggi, è andato distinguendosi dall’animale sia per l’aver sviluppato linguaggi e lingue vere e proprie, sia per essere arrivato a esprimere i concetti tramite immagini simboliche ai fini di rendere permanente il proprio bisogno di comunicazione.
Comunicazione sia sociale sia spirituale.
L’importantissima conseguenza che ne è derivata è quella di essersi inventato una trasmissione del sapere, che non dipendesse più solo dagli istinti, ma che diventa nel tempo sempre più articolata, andandosi ad arricchire di tanti particolari.
Se allora da un lato abbiamo l’archetipo come il modello da cui si prende l’idea, perciò anche l’immagine della comunicazione che rappresenta i pensieri e i concetti, ma pure ogni nostro ricordo, dall’altra vediamo come il tipo di pensiero sia duplice nella sua applicazione: il visivo uguale all’immagine e il verbale alla parola.
Il linguaggio figurativo, ossia il visivo, è “il mezzo di trasporto del pensiero” che sin dall’ancestralità è andato esprimendosi tramite i simboli. Le medesime lettere dell’alfabeto, per esempio, nascono come simboli.
Anche il segno o la traccia più semplice non esiste mai per caso, ma ha invece un significato intrinseco, che potremmo anche dire nascosto, e che non tutti, quando osserviamo o quando leggiamo, riusciamo a percepire. Si tratta di chiavi simboliche che uniscono il passato arcaico a noi contemporanei, tramite appunto l’interpretazione dei simboli stessi.
Nella tradizione platonica l’archetipo è l’essenza sostanziale delle cose sensibili. Più semplicemente, nel pensiero junghiano è l’immagine primordiale contenuta nell’inconscio collettivo: si manifesta nel simbolo e riunisce le esperienze più remote della specie umana.
Dimostrazioni visive dell’archetipo sono l’acqua rappresentata in forma di onde, la luna in forma di falce o la montagna in forma di triangolo.
Questo accade perché l’intero complesso di ogni esperienza umana è riportato nell’inconscio per immagini.
Dal punto di vista etimologico, la parola archetipo è un termine greco composto da altre due parole che sono archè che significa principio e tupos, modello.
Quindi l’archetipo è il modello ancestrale, l’immagine della comunicazione da cui il pensiero umano trae se stesso.
Arriviamo così alla Geometria Sacra, in quanto linguaggio sacro dell’energia che penetra nelle forme dell’universo. Ad esempio la linea retta rappresenta il maschile, la linea curva il femminile, il rapporto aureo rappresenta il rapporto di sviluppo all’interno dell’essere stesso, il quadrato la materia, la circonferenza l’universo e il divino.
Quindi ogni simbolo, tramite il proprio segno, ci parla delle caratteristiche che sottintende nelle proprie geometrie.
Geometrie che ritroviamo, per entrare nel vivo dell’argomento, anche nella Chiesa di sant’Agostino a Perugia.
Che tipo di simbolismo è presente all’interno della chiesa?
L’edificio vanta al suo interno la presenza di un determinato simbolismo. A cominciare dalle tracce di una croce templare che si rinviene incisa sul muro, in uno stato quasi completamente deteriorato, della Cappella di san Bartolomeo, affrescata nel Trecento da Pellino di Vannuccio.
Questa croce si trova proprio sotto un affresco, anch’esso deteriorato, che raffigura una crocifissione con la Beata Vergine Maria, san Giovanni Evangelista e la santa Maria Maddalena orante, forse incinta, date le fattezze non troppo esili, anche nei confronti delle altre figure femminili dell’affresco stesso, che dal basso contempla Gesù in croce. La gravidanza andrebbe intesa in senso più che altro metaforico, anche se questo è un altro argomento.
L’apostola apostolorum, la sposa cristica spirituale, e non sessuale, come al contrario vorrebbero i pruriti della vulgata: è la sposa di Gesù che si è manifestato in corpo di luce. Gesù a cui la Maddalena fa da contro-canto come il grande ricevente femminile della luce universale, figura che la Chiesa patriarcale ha cercato sin dall’inizio di screditare e, finanche, per mano di papa san Gregorio Magno di spacciarla, dal V secolo in poi, per una prostituta.
A ciò aggiungiamo lo splendido ottonario visibile sulla volta di una nicchia costruita a destra del transetto, per arrivare a un altro piccolo altare, tra la Cappella del Crocifisso e la Cappella Bianca, all’interno del quale, si dice, sia incisa una stella a 8 punte, purtroppo nascosta.
Il doppio quadrato, o quadrato sovrapposto, terminologie alternative a quella di ottonario, tramite il numero 8 rappresenta la manifestazione duale che torna ad essere Principio, è il Due della materia che ascende all’Uno dello spirito, in poche parole, la conoscenza sensibile che diviene spirituale. E che è raffigurata da questa doppia tetrade formata da due quadrati, il cui simbolo è ovunque presente nella nostra Perugia bella. Se andate a visitare il Nobile Collegio della Mercanzia, vedrete come questo simbolo è il protagonista principale di tutta la boiserie in legno che riveste i muri interni della sala. È l’immagine a sinistra, mentre a destra è una delle formelle a texture del nostro Duomo.
A livello esoterico, è la sintesi del concetto del 2 in 1, la dualità dell’unità che conduce al matrimonio mistico, quindi rappresenta il rapporto ierogamico, in cui Animus principio maschile e Anima principio femminile si uniscono nelle nozze sacre.
Questo breve excursus simbolico interno alla chiesa, che prevede anche gli svastica incisi in tutto il perimetro della boiserie del coro ligneo a sinistra, medesimo decoro che vedete a destra della Chiesa del Gesù, riconduce alla lettura archetipica di quel simbolo misterioso che dà il titolo al libro.
Puoi parlarci meglio del simbolismo del Graal?
E’ stata una scoperta non casuale, ricercata e inseguita, che ci porta oggi, dopo tutti i sopralluoghi, gli studi e le decodifiche a saperne un po’ di più. Un di più che vale immensamente molto, dal momento che ne è scaturita un’interpretazione del tutto inattesa.
Infatti, ci è apparso il Graal in tutta la sua magnificenza. Il Graal a Perugia. Il Graal che riprende il discorso iconografico sia del matrimonio mistico sia della trasmutazione, e che è quindi qui figurato in quanto perfezionamento interiore e il conseguente ritorno all’Uno.
Non immaginatevi però il Graal come nel sentire comune, quindi la coppa con incastonate le pietre preziose o il contenitore in cui, si dice, Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Gesù, perché qui parliamo di petroglifi, cioè incisioni su pietra e bisogna entrare in quest’ottica di stilizzazione. Anche se noi, ovviamente per focalizzare l’impatto del messaggio, lo abbiamo inserito in copertina.
Ora, c’è da fare una specifica. Sia tradizione scritta, su pietra o su carta, sia tradizione orale hanno sempre teso allo stesso scopo della comunicazione: a volte erga omnes, cioè affinché tutti capissero, altre riservata e comprensibile solo a gruppi dedicati.
Ma va specificato che anche la tradizione scritta, che siano le scritture vere e proprie o siano simboli, a sua volta, si differenzia nei confronti dell’osservatore per la sua caratteristica di vantare una doppia decodifica del messaggio di cui è portatrice: la lettura letterale e la lettura esoterica.
Questo, perché? Perché i simboli parlano un linguaggio universale e le immagini a volte vengono trasmesse sotto forma di archetipi, di concetti e, anche, di parabole.
Entrando quindi nell’edificio da Sud Ovest e dirigendosi verso Nord Est, in fondo a sinistra prima dell’altare ci troviamo a calpestare un quadrato sul cui lato di sinistra è inciso a petroglifo, cioè sulla pietra, il simbolo del “quadrato sovrastato dal triangolo” di cui nello studio si indaga l’interpretazione spirituale, numerologica, iniziatica e astronomica. All’interno della pubblicazione si trovano anche i rapporti con gli allineamenti astronomici, con gli asterismi, il Nord Celeste, la stella polare e la costellazione di Orione e quella di Cefeo.
La cosa molto interessante è stata che, da tutti questi nostri studi, siamo arrivati a comprendere di come questo simbolo avesse un doppio significato.
Abbiamo anche scoperto che ai lati dell’altare insistono due quadrati speculari con, entrambi, un andito prospiciente, sebbene quello di destra non presenti alcuna simbologia: una porta quindi, che, in quanto passaggio, da qualche parte doveva pur avere la funzione di entrata. Entrata in luoghi che, da quanto abbiamo compreso, dovevano prevedere ciascuna forse un tempio o comunque un luogo di raccoglimento.
Ma la porta ha anche funzione di uscita. E qui la cosa si fa interessante perché, nella parte sinistra all’altare, quindi quella relativa al nostro simbolo, a seconda che l’adepto abbia a osservare il simbolo stesso in entrata o in uscita, questo si presenta con un doppio significato
Abbiamo un triangolo sopra un quadrato con la croce a fondamento del tutto. La croce, nel suo significato di intersezione tra mondo materiale, asse orizzontale, e mondo spirituale, asse verticale. Allora, quadrato, triangolo e croce nell’indissolubilità tra materia-quadrato e spirito-triangolo.
Ecco come l’architettura sacra vuole rappresentarci il simbolo della Totalità in eterno movimento che, nell’espansione dal proprio centro, al Tutto riconduce.
Il 3-triade-triangolo è l’elemento terzo di unità dinamica che congiunge le coppie formando i ternari del 3 in 1, corpo e anima e spirito, la Trinità, il conoscitore e conosciuto e conoscenza, la saggezza e verità e amore. Il 4-quaternario-quadrato di unità statica è la manifestazione della triplicità che si forma aggiungendo una unità al 3 in 1. E infatti la somma di 3 + 4 ci dà il totale di 7… La perfezione!
Lo stesso triangolo che compare in modalità piramidale, cioè con la punta in alto a significare il divino, mantiene infatti sempre il medesimo significato di porta. In tal caso è la porta per accedere ai mondi superiori.
In uscita dal tempio però, ci troviamo il simbolo al contrario. È così che ci appare il Graal, formato dalla coppa, quello che in entrata era il triangolo con punta all’insù. Qui abbiamo anche un altro cambio di prospettiva, perché a questo punto la croce va a penetrare la coppa del Graal.
Ponendosi l’osservatore di spalle al muro, sì da poter guardare l’immagine dal lato opposto, ne emerge la figura corrispondente al risveglio che ci è concesso tramite il capovolgimento del simbolo dello zolfo, cioè la forza attiva, nonché la chiave del pensiero iniziatico come condizione di trasformazione dall’inferiore al superiore, che a livello tarologico è espressa nel passaggio dall’arcano IV all’arcano XII, cioè dall’Imperatore all’Impiccato.
Il primo è la potenza che domina il mondo materiale, immoto sul trono, il quadrato, perciò immutabile. Il secondo, appeso a testa in giù, è il simbolo dell’iniziazione passiva, avendo appreso che il capovolgimento è il segreto per penetrare l’essenza delle cose.
Ciò consiste nella autoimmolazione che si rende necessaria per completare il processo di purificazione. Il compimento della Grande Opera, a trasmutazione avvenuta, si realizza appunto solo tramite l’esperienza trasmutatrice del Graal.
Ecco quindi la via della croce in entrata, il sacrificio, il rinunciare a se stessi per purificarsi, e la via del risveglio in uscita, a trasmutazione avvenuta.
Con lo scopo di tendere a quel Dio di cui l’uomo è immagine e somiglianza.
Quindi, Graal, sì ma nella distinzione che dobbiamo attuare tra materialità e simbologia, in quanto archetipo del calice e non oggetto vero e proprio. Un concetto dal valore universale che riguarda la trasmutazione, da intendersi come mutamento ai fini del proprio miglioramento.