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Il timore di avventurarsi oltre nella reunion Max Gazzè-Alex Britti

PERUGIA – La reunion risale a due anni fa, quando i due musicisti romani si ritrovano all’auditorium Parco della musica della musica rievocando i vecchi tempi, quando il blues, la matrice musicale che li accomuna era pasto quotidiano da offrire ai pubblici di mezza Europa. Insieme, come ai vecchi tempi, ci hanno riprovato nel primo concerto del main stage dell’arena a Umbria Jazz, cercando una collocazione di mezzo tra i loro brani più celebri e qualche incursione, di cui alcune con esiti molto felici, nell’improvvisazione. Un apporto fondamentale di sostegno dell’operazione l’hanno fornito sugli opposti versanti della scansione ritmica e dei fiati, da un lato Manu Katché, batterista di rango che conta al suo attivo partnership che spaziano da Peter Gabriel, ai Pink Floyd sino a Pino Daniele e Stefano Bollani; dall’altro un ispiratissimo Flavio Boltro tra i più autorevoli trombettisti italiani che, tra l’altro, Umbria Jazz premiò nel 1990 con l’Umbria Jazz Award. Ne è scaturito un concerto dove si è avvertita una netta cesura, da un lato il tentativo di “liberare” la musica dallo schema della forma canzone con fruibilissimi momenti di improvvisazione e di dialogo intenso tra la chitarra di Britti e la tromba di Boltro e sorretti dall’incessante drive di Manu Katché, dall’altro il rapido rientro nei ranghi dei chiché del pop più rassicurante dei brani celebri dei due partner. Peccato, perché entrambi, sia Britti alla chitarra, sia Gazzè al basso, hanno dimostrato di possedere tutti i crismi per avventurarsi oltre in espressioni dall’ampio respiro, ma, e in questo hanno probabilmente avuto un ruolo specifico le esigenze di mercato, sono sembrati quasi non voler abbracciare il coraggio a due mani per superare i momenti più “scontati”, di brani come “Oggi sono io” (Britti) e “Sotto casa” (Gazzè). Un’operazione insomma riuscita a metà nel main stage dell’arena che, almeno in teoria, avrebbe potuto riservare ben altre sorprese.

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