Modestia e passione. Né falsa la prima, né effimera la seconda. A poche ore dall’esordio come regista teatrale di Ivan Cotroneo stasera al Morlacchi di Perugia il 18 gennaio e fino al 22, è qualcosa più di una sensazione che, se vorrete, potrete verificare da questa intervista. Anche perché, a ulteriore riprova, citiamo quella di sabato scorso pubblicata su queste pagine da Massimiliano Gallo che di questa commedia, “Amanti”, è il protagonista maschile. Alla nostra domanda: “Si chiude il sipario, cosa dice a Ivan Cotroneo?”. La risposta è stata: “Te l’avevo detto”. Cotroneo, ora, si sente di dirgli: “Grazie per aver insistito e avuto fiducia quando non ce l’avevo”.
Modestia e passione, dunque, di un regista consapevole di avere a che fare con tavole del palcoscenico che sono rialzate appena di un metro dalla platea, a diretto contatto con il pubblico pagante, pensante, attivamente partecipante.
“Non nascondo che si tratta di una forte emozione e che avevo molte remore; direi pudore, di fronte alla proposta che mi è stata fatta dalla produzione DIANA OR.I.S. che ringrazio, adesso, per avere avuto fiducia in me”.
L’antidoto a questa emozione della prima volta?
“Il fatto che è tutto così incalzante e che c’è un ottimo rapporto con la Compagnia; oltre alla crescente e piena consapevolezza di sapere cosa non volevo per questo allestimento in relazione alle precedenti esperienze”.
L’effetto Morlacchi?
“E’ uno dei teatri più belli d’Italia e questo da un lato mi fa sentire una grande responsabilità, dall’altro ha ospitato produzioni di spettacoli. ai quali ho collaborato, di Filippo Timi, Lucia Mascino e, devo dire, lo Stabile e il direttore Nino Marino mi hanno accolto nel miglior modo possibile. Come del resto Perugia, città con la quale ho un rapporto speciale perché qui ho presentato più volte i miei libri e film allo Zenith”.
L’amore. Tema a lei caro e che torna nelle sue sceneggiature.
“Vero. E’ un tema che mi appartiene da sempre. Torna nei miei romanzi come nei film e nelle serie televisive che ho scritto e diretto. Mi interessa il confronto tra il maschile e il femminile. Così come mi piace indagare sulla rottura degli stereotipi di genere calati nelle eredità culturali della nostra Italia. Considero importante, poi, la componente legata al sesso che rientra nel tentativo di raccontare l’evoluzione o conservazione della nostra società e del suo costume”.
Il suo “Amanti” cos’è?
“Un racconto moderno ed estremamente divertente, ma anche pieno di tenerezza e verità, come sempre accade nella commedia della vita”.
E’ in qualche modo erede della commedia all’italiana?
“E non solo italiana… Certo è che mi appartiene come esperienza professionale; è lì che mi sono formato con Age e Scarpelli e Suso Cecchi D’Amico. Detto questo ho pensato, con grande umiltà, all’adattamento dell’intero impianto per il teatro”.
Teatro per il quale lei sembra avere una vera devozione.
“Totale. Da ragazzo a Napoli ho iniziato ad andarci grazie a un signore che mi portava a fare la clac. Quando a 19 anni davo lezioni di latino e greco, i soldi li mettevo da parte per l’abbonamento al Diana. Ora che ne ho 55 è il teatro che mi produce”.
La Compagnia?
“La migliore che potessi trovare: da Massimiliano Gallo con il quale ho un intenso rapporto, a Fabrizia Sacchi, Orsetta De Rossi, Eleonora Russo, Diego D’Elia. Voglio citare per le scene Monica Sironi e Alberto Moretti per i costumi, Gianfilippo Corticelli per le luci. Con alcuni ho lavorato nei film e per la tv; ora sono con me a teatro”.
Tormentone finale: sceneggiature. La più amata?
“Una bella lotta… Direi ‘Tutti pazzi per amore’ che ho creato per la tv: è durata 78 puntate di 50 minuti, 3 stagioni e su Rai Uno in prima serata ha proposto questioni nuove per quel genere di spettatore con la costruzione di un mondo in cui hanno trovato spazio anche temi come l’omosessualità e la famiglia allargata”.
La più sorprendente?
“”Quella che ho scritto con Maria Sole Tognazzi e Francesca Marciano: ‘Viaggio sola’. Una donna soddisfatta, Margherita Buy, della sua vita anche senza marito, figli e quant’altro. Un film condiviso da molti”.
La più complessa?
“Quelle che partono da storie vere: ‘La prima linea’ film di Renato De Maria e ‘Piano solo’ di Riccardo Milani. C’è un lavoro di preparazione, di raccolta di testimonianze … la scrittura è un’arma potentissima e quando si raccontano persone, è complessa”.
Quella che avrebbe voluto scrivere?
“Due: Rocco e i suoi fratelli per il modo in cui parla del fenomeno dell’emigrazione e la saga di una famiglia in capitoli che dice molto del nostro Paese. Andrebbe fatto vedere nelle scuole. Una sceneggiatura di Suso Cecchi D’Amico che è stata mia maestra, che continuo a studiare.
L’altro è ‘La donna che visse due volte’ per il cambiamento repentino, sorprendente, spiazzante a metà della narrazione. In qualche modo ho cercato di riproporla in questo mio Amanti”.
Grazie. Non resta che salutarci: merda, merda, merda.