Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa riflessione che ci è stata indirizzata in redazione da Vanni Capoccia. Al testo che vi proponiamo come sempre integralmente, l’autore premette che si tratta di una “considerazione che mi ha suggerito la condizione di un luogo in una recente visita al Cimitero monumentale di Perugia“. E in particolare, aggiungiamo noi, un segno delle memoria che per ora è in preoccupante degrado e, tra un po’, senza rimedi, destinato a scomparire.
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Quand’è “bello sentire d’esser perugino”
di Vanni Capoccia
Il Monumento funebre ai sempreterni martiri del XX Giugno è il “fuoco” del cimitero
monumentale di Perugia, è lì che convergono passi e sguardi di chi va nel Camposanto (santo
per tutte e tutti in qualsiasi cosa credano e si riconoscano).
Intorno a questo monumento funebre a sinistra si trova l’ingresso alla “Galleria XX Giugno”, la
prima del Camposanto, indicata da un’insegna divorata dalla ruggine a destra la lapide a Furio Rosi.
È stato uno dei primi quattro laureati in Agraria di Perugia e aveva davanti a sé una carriera
piena di soddisfazioni. Invece la sua fede socialista gli ha fatto scegliere l’impegno nella
nascente Camera del lavoro che gli comportò, nell’Italia monarchica, processi a non finire al
punto che per sfuggirgli si rifugiò in Svizzera dov’è sepolto in una tomba voluta dal Comune di
Perugia.
A Perugia lo ricorda quella lapide dove da più di un secolo c’è sempre qualche perugino che gli
porta un fiore, in genere un garofano rosso che durante la dittatura fascista era immancabile
ogni Primo Maggio.
Come si può vedere la lapide al dott. Furio Rosi necessita d’essere ripulita dalle incrostazioni
mentre il vasetto in ferro battuto per i fiori ha urgente bisogno di un intervento.
È così malmesso che se il Comune non provvederà in tempo quel piccolo oggetto in ferro
battuto finirà a terra e da lì chissà dove. Ponendo fine a un’intima e civilissima tradizione
perugina che per una serie di motivi: la storia e i patimenti di Furio Rosi, il luogo dove si trova la
lapide, la silenziosa costanza con la quale viene perseguita contribuisce a farci sentire (forse
solo sembrare?) cittadini un poco migliori. Quella lastra arrugginita con scritto “Galleria XX Giugno” e quel vasetto claudicante come diceva Walter Binni a proposito del XX Giugno fanno sentire “bello, d’esser perugini”, un motivo più che sufficiente per porre rimedio al loro degrado.