PERUGIA – Questa mattina Nicola Piovani è stato insignito dall’Università degli Studi di Perugia del dottorato di ricerca honoris causa in “Storia, arti e linguaggi nell’Europa antica e moderna“. La solenne cerimonia di conferimento, presieduta dal rettore Maurizio Oliviero, si è tenuta quest’oggi, 29 giugno 2022, alle ore 11, in un’Aula Magna del Rettorato in fermento.
Piovani è un pianista, compositore, direttore d’orchestra, romano, di 75 anni, ed è soprattutto noto come autore di musica da film, ma la sua esperienza è quella di un artista poliedrico, che si è cimentato con la musica da concerto e anche il teatro musicale. Ha vinto il Premio Oscar nel 1999, al culmine di una carriera che lo ha visto collaborare per le musiche con i più importanti registi italiani, dai Taviani a Monicelli a Tornatore, dopo gli inizi con Marco Bellocchio. Ma Piovani ha lavorato molto anche nel teatro (tra le altre una memorabile commedia con Gigi Proietti protagonista), mantenendo viva per anni la collaborazione con Roberto Benigni e con lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami. Non tutti sanno infine che Piovani ha anche collaborato con Fabrizio De Andrè in due straordinari album, molto speciali nella produzione artistica del cantautore, come “Storia di un impiegato” e “Né all’amore, né al denaro, né al cielo”, ispirata alla “Antologia di Spoon river” di Edgar Lee Master.
È stato il Dipartimento di Lettere a muoversi e il rettore Maurizio Oliviero è stato un convinto sostenitore. Il percorso del Senato accademico perugino ha preso le mosse dal fatto che Piovani è da considerarsi a tutti gli effetti un uomo di vasta cultura che ha fatto grande il nostro Paese con i prestigiosi riconoscimenti che ha ottenuto nel mondo. Tenendo presente che – è una delle linee guida della governance dell’Università – per gli studenti sono importante proporre modelli per impegnarsi nel percorso delle loro attività.
Dopo l’ingresso del corteo le parole – da musicista autentico – di Nicola Piovani: “La musica ci racconta quasi tutto ciò che non è verbalizzabile, è un vero e proprio linguaggio. Mi sta davvero a cuore perché è un linguaggio che nel tempo ha subito delle incredibili evoluzioni. Un tempo era un vero e proprio dialogo, tra chi parlava (suonava) e chi ascoltava; ora non è più l’arte del suono, ma l’arte dell’organizzazione di suoni e situazioni. La musica è una lingua non semantica, non le si riconosce più il valore ed il ruolo del raccontare il presente. In questo si differenzia da altre arti come la poesia.
Oggi è l’età della libera fruizione: c’è un accesso alla musica che definirei iper democratico, non c’è selezione di classe. Non è come ascoltare un’opera lirica, che sembra quasi essere relegata al lusso, all’élite. Il teatro è ancora selettivo rispetto alla popolazione, mentre queste fruizioni sono accessibili a tutti: si pensi a Spotify… Sta cambiando tutto anche in questo ambito. E non occorre essere pro o contro, ma solo accettarlo.
Oggi non scegliamo più la musica ma veniamo scelti. Se una persona preferisce – ad esempio – i Maneskin a Strauss non è una scelta, ma l’unica opzione possibile perché semplicemente Strauss non è conosciuto. Per questo tendo a difendere la fruizione teatrale della musica, o quella degli auditorium o di una sala da concerto. Luoghi in cui la relazione tra musica e pubblico è più intensa e consapevole. Questo tipo di rapporto è passato, presente e futuro: è una scintilla. L’attimo che diventa eterno”.
La mattinata è poi proseguita con la cerimonia tramite cui il Maestro Piovani è stato insignito del dottorato di ricerca honoris causa, con tanto di toga. L’incontro si è poi concluso con l’emozionante esecuzione del Maestro delle suite sinfoniche de La Notte di San Lorenzo, film sulla liberazione partigiana a cui Piovani prese appunto parte con il suo amatissimo linguaggio.