SPOLETO – “Per me l’arte esiste; e ancora nel senso di una forma di memoria che si riferisce ad un ‘mondo di bellezza’ che aspetta di essere captato e riscoperto da noi. Per questo dico di essere un seguace di Platone; ma del resto anche Joyce ha scritto che l’immaginazione non è che una forma di memoria… Così, io credo nella magia di un tema, di una melodia e di un loro potere di rispecchiare questi ‘mondi di bellezza’: non è forse vero che una bella melodia, quando è tale, dà la sensazione di essere già stata udita? E non è forse vero che dà l’impressione di qualcosa di inevitabile? Ebbene: tutta la mia attività di artista è in questa ricerca dell’inevitabile, non del nuovo. Perché il compositore è una specie di rabdomante che cerca l’acqua nascosta. Non è a casaccio, o per caso che la scopre; deve possedere la bacchetta divinatoria. Invece siamo arrivati, ora, a teorizzare proprio l’alea, la musica affidata al caso; e si dice, anzi, che questa è una forma di progresso rispetto al passato, come se l’arte fosse un prodotto industriale e ‘progredisse’. L’arte invece si riferisce sempre a fattori eterni e non progredisce mai, perché ciò che appare valido sul piano estetico nell’arte di duemila anni fa risponde alle stesse caratteristiche di ciò che è valido anche nell’arte di oggi. L’importante, ripeto, è aver la consapevolezza di andare in cerca dell’inevitabile (…) Quante volte mi hanno detto che sono un dionisiaco! Invece no: semmai potrei essere considerato un apollineo. Per questo io penso che quando si insiste sull’alea si sottolinea un valore marginale, e soltanto marginale, della musica. Ma c’è qualcos’altro, e ben più importante: l’arte è forma, è ricerca di proporzione nel ricordo, e non basta acchiappare qua e là, alla ricerca della ‘espressione’. Per me l’arte è fatta, sì, come dice Croce, di espressione; ma di espressione dentro un giuoco, entro una forma: una specie di sfida all’intelligenza dell’uomo…“.
A parlare era Gian Carlo Menotti che nel 1978 si trovò a colloquiare con il giornalista e critico musicale Leonardo Pinzauti, morti entrambi a distanza di otto anni l’uno dall’altro. L’arte è forma, una forma che Menotti riuscì ad esprimere con eloquenza fondando il Festival dei Due Mondi a Spoleto ben vent’anni prima di abbandonarsi a quella conversazione tra uomini di gusto.
Ed è proprio sulla visione e sulla ricerca di un’espressione da lui così ben intesa che a partire dal 2017, in coincidenza con la sessantesima edizione del Festival, la Sezione dell’Archivio di Stato di Spoleto promuove in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria e con il patrocinio del Comune di Spoleto, della Fondazione Festival dei Due Mondi, della RAI Umbria e dell’Associazione Amici di Spoleto, l’inaugurazione di una mostra che proporrà al pubblico locandine, fotografie dell’epoca, documenti e sarà visitabile all’Archivio fino al 30 settembre 2019, la presentazione di un volume ed una conferenza sul tema: “Spoleto 1960. Il terzo Festival dei Due Mondi”.
L’iniziativa ha un alto valore culturale visto che darà la possibilità di acquisire 4 crediti formativi per gli stessi iscritti all’Odg. Si terrà alla vigilia della sessantaduesima edizione del Festival giovedì 27 giugno 2019, dalle ore 9,30, nella sede della sezione spoletina dell’Archivio di Stato in Largo Ermini.
Alla conferenza porteranno i saluti istituzionali Luigi Rambotti, direttore dell’Archivio di Stato di Perugia, Umberto De Augustinis, sindaco di Spoleto e presidente della Fondazione Festival dei Due Mondi e Giorgio Ferrara, direttore artistico del Festival dei Due Mondi. Inoltre, come si legge nel comunicato stampa, interverranno Roberto Conticelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, Andrea Jengo, responsabile delle sedi Rai della Toscana e dell’Umbria. Saranno altresì presenti gli autori del volume Spoleto 1960, il terzo Festival dei Due Mondi. Tra innovazione e tradizione, Paolo Bianchi, Antonella Cristina Manni, Moreno Cerquetelli e Marco Rambaldi che interverranno con una ricca selezione di documenti, immagini, articoli di carta stampata e servizi televisivi, ha come titolo “Nelle pagine della cultura. Il Festival dei Due Mondi e il mondo dell’informazione”.
Il grandioso lavoro di ricerca e documentazione da loro svolto è stato pubblicato grazie al contributo della Fondazione “Francesca, Valentina e Luigi Antonini” e con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto. I contenuti di cui si avvale, possiamo anticiparlo, sono dedicati in quattro capitoli: Festival dei Due Mondi 1960. Protagonisti e spettacoli di Moreno Cerquetelli; Spoleto 1960 sul New York Times e ulteriori riflessi sulla stampa estera di Marco Rambaldi; Spoleto 1960, la città e il Festival di Antonella Cristina Manni; Il Festival del 1960 nei documenti della Sezione di Archivio di Stato di Spoleto di Paolo Bianchi.