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Sergej Krylov, un violinista d’eccezione con l’Orchestra Leonore diretta da Daniele Giorgi per chiudere la stagione degli Amici della musica

PERUGIA – Una conclusione degna di una grande stagione, quella di venerdì 20  maggio, per gli Amici della Musica, con il violinista di fama internazionale Sergej Krylov, l’Orchestra Leonore, diretta dal compositore e violinista Daniele Giorgi. L’appuntamento è alle 20.30, al Teatro Morlacchi. In programma il Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 35 di Pëtr Il’ič Čajkovskij e altri pezzi di rara bellezza come la Kaledonische Suite op. 54 di Hans Gál e la Sinfonia n. 3 in la minore op. 56 di Felix Mendelssohn.
Bambino prodigio, Sergej Krylov si esibisce per la prima volta all’età di sei anni, debuttando a dieci con l’Orchestra della Scuola Centrale di Musica di Mosca con il Concerto in la minore di Johann Sebastian Bach. Raggiunge la fama dopo il suo perfezionamento, guidato dal maestro Salvatore Accardo all’Accademia Stauffer di Cremona, e negli anni consolida un’importante carriera internazionale che lo porta a esibirsi – tra gli altri contesti prestigiosi – al Teatro alla Scala di Milano, al Teatro Colón con l’Orchestra Filarmonica di Buenos Aires e al Barbican Centre di Londra con l’English Chamber Orchestra.
Fondata nel 2014 da Daniele Giorgi, l’Orchestra Leonore è un ensemble di profilo internazionale basato a Pistoia, formato da musicisti scelti tra le più importanti orchestre europee e tra i migliori ensemble cameristici.

“Siamo felici – afferma il direttore, Daniele Giorgi – perché è la prima volta che saremo a Perugia con l’Orchestra Leonore e non vediamo l’ora di trovarci nel vivo della cosa, anche per capire che tipo di energia riceveremo dal pubblico e dalla bellezza del teatro. Il programma è molto tradizionale, due fra i più grandi capolavori del romanticismo: Čajkovskij e Mendelssohn. Nelle prove, Sergej Krylov è stato magnifico, perché il tipo di repertorio è quello che più gli si addice. Ci conosciamo da tanto tempo, ma non c’eravamo mai incontrati nella veste lui di solista e io di direttore. Il brano con cui concluderemo il programma, la Sinfonia n. 3 in la minore op. 56, è l’ultima che Mendelssohn ha scritto, e quella per la quale ha impiegato più tempo.

La cosa interessante è che Mendelssohn ha passato la sua giovinezza a imparare i ferri del mestiere, ha avuto una importante e assidua formazione accademica, molto centrata sul contrappunto, sullo studio dell’armonia. Ha scritto molta musica giovanile in cui si vede che sono gli esercizi di un giovane genio, ma sopra questa grande base di conoscenza della materia ci sono strati assolutamente nuovi. L’idea del mare si sente e fa parte della sua esperienza di viaggio: c’è il Mare del Nord che lui ha vissuto nel suo colore scuro e tempestoso. Come traduce nella musica queste espressioni è un grande segno di novità. Lui usa colori diversi nelle sezioni dell’orchestra, creando un caleidoscopio di colori e di livelli sonori, una cosa mai fatta prima. E questo serve a dare l’idea del moto del mare. Su questa formazione molto classica si inseriscono elementi di una suggestione extra musicale.

Ogni volta che ho diretto questo brano, sono sempre rimasto con l’amaro in bocca per non essere riuscito a ottenerlo come lo immaginavo e questa volta ho insistito molto, confido che l’esecuzione riuscirà a essere vicina a ciò che mi sono prefisso”. Quanto all’Orchestra, “ultimamente c’è una tendenza antigerarchica, per cui si fa attività senza direttore ed è una cosa ottima, perché fa crescere la compagine. Con l’Orchestra Leonore, l’obiettivo è farla funzionare all’opposto delle orchestre stabili, verso cui non ho nulla in contrario, ma spesso presentano punti deboli. Questo gruppo, di grande profilo professionale, è in grado di proporre da solo programmi di alto livello e su questo interviene la mia direzione musicale. Un direttore dovrebbe sempre chiedersi ‘faccio la differenza? E se sì, in meglio?’ Oggi molte orchestre non hanno bisogno di un direttore per presentare un prodotto professionale, per cui il direttore c’è per fare una differenza. Le prove non servono a fissare qualcosa che poi cerchiamo di ripetere al concerto, ma a creare una facilità di contatto fra direttore e musicisti che ci renda liberi di far succedere cose non previste, al concerto. Deve succedere qualcosa e succederà lì e mai più, per scambiarci una esperienza che sarà irripetibile”.

E di certo, questo concerto sarà unico e straordinario!

Naighi

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