VALFABBRICA – C’è odore di incenso nella grande sala di legno e un mare di colori che attende di essere esplorato, scoperto, vissuto. Nell’aria una vibrazione particolare fatta di gioia mista a timore.
Il mare colorato in realtà sono speciali gonne roteanti e la sala è quella dell’agriturismo olistico Le Torracce a Valfabbrica, dove il 2 e il 3 aprile si è svolto il seminario “La danza Infinita”, workshop di danza Sufi condotto dal maestro Nevio Vitali, organizzato dall’associazione Jalila e le Follie d’Oriente di Elisabetta Ricci.
Nevio, con occhi brillanti e cuore aperto ha condotto i partecipanti alla scoperta della danza sufi, antichissima arte nata intorno al 1245 portata da Jalaluddin Rumi come forma di preghiera e canale di contatto diretto con Dio attraverso l’estasi e la meditazione. Danza mistica e potente in grado di avvicinare il danzatore all’essenza del divino, è basata sulla simbologia senza tempo del cerchio: simbolo di unità, perfezione e totalità, il movimento circolare è comune a tutto l’universo. La terra gira, le stelle, i pianeti e tutto il creato si muovono armoniosamente in una danza perfetta e immutabile, senza inizio né fine.
“Nella rotazione diveniamo contatto Cielo/Terra e attraverso di noi l’energia del creato fluisce, riempiendoci di tutto il sapere che in essa porta, sentendoci finalmente i figli della Fonte/Creato che siamo” racconta Nevio, insegnante e divulgatore della danza sufi che porta questa tecnica in tutta Italia da quattro anni.
La definisce una “meditazione dinamica che mi piace anche chiamare la danza della preghiera. E’ una pratica che appare così difficile ma che trova la sua bellezza nell’atto più semplice che esiste al mondo, quello che compivamo così facilmente quando eravamo bambini.
All’interno di questa pratica si nasconde la possibilità di ritornare semplici abbandonando il controllo che rende così difficile ogni cosa che decidiamo di fare. Attraverso questa danza si ha la possibilità di connettersi ad una parte dentro di sé dalla quale cerchiamo sempre di stare lontani, distratti dalla materialità e da tutto ciò che ci circonda, la parte in cui risiede l’amore personale verso se stessi. Attraverso questa pratica si passa dall’abbandono totale del controllo fino ad arrivare a scoprire di essere l’unica vera fonte del nostro amore e dell’amore che ci circonda.
Mi piace chiamarla la danza in equilibrio tra spirito e materia perché il danzatore con la sua gonna è proprio in equilibrio su questo filo dell’orizzonte su cui si danza. Il mio compito è creare un ambiente, trovare luoghi, unire persone con lo stesso intento di superare questo grande limite. E, attraverso le musiche e gli esercizi di preparazione, accompagnare ad entrare nella danza in modo da comprendere che non siamo danzatori ma siamo qui per farci danzare dalla vita”.
Quello che è successo in quei due giorni, tra meditazioni, danze, condivisioni e magia solo i partecipanti al corso lo sanno. Ma cosa cercavano poi mentre fuori, la neve, il vento, il sole, la nebbia, tutte le stagioni accompagnavano l’incredibile esperienza di girare su se stessi, roteare per un tempo sospeso e che sembra infinito?
Ognuno il proprio spazio sacro forse, partendo dal corpo per connettersi alla fonte del divino. Ognuno la propria verità e la coerenza con il senso della propria incarnazione.
Quando le gonne hanno incontrato l’aria e si sono aperte diventando allo stesso tempo ali e radici, cosa animava il cuore dei danzatori? Forse era più semplicemente l’esserci, qui e ora, al di là della paura, dei giudizi e dei preconcetti che ognuno porta dentro di sé.
Lasciare andare, fare spazio, diventare come un flauto vuoto e lasciarsi attraversare per scoprire, come sottolinea Nevio, di passare la propria vita a cercare di imparare a suonare mentre basterebbe rendersi conto di essere solo degli strumenti divini nelle mani creatrici della vita.
Per essere più veri e sì, più felici.
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