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L’intervista: Flavia Mastrella, Antonio Rezza e l’anelante al pensiero libero. Anche sbagliato

Non solo per suonare il pianoforte. Quattro mani possono essere utili anche per creare teatro, plasmando testi, delimitando spazi scenici, inventando linguaggi e modalità performative non convenzionali magari da sperimentare anche nei film.
Flavia Mastrella e Antonio Rezza lo fanno da 35 anni e hanno realizzato 13 opere teatrali, 5 lungometraggi, una lunga serie di corti. Hanno fatto incetta di riconoscimenti per il loro “combinato artistico inimitabile nel panorama teatrale contemporaneo”: Premio Alinovi per l’arte interdisciplinare, Hystrio, Ubu, attestato di Unicità nella Cultura a Montecitorio, Ermete Novelli e nel 2018 alla Biennale Teatro di Venezia il Leone d’oro alla carriera. Le loro opere sono state presentate a Parigi, Madrid, Mosca, Shanghai e New York. Un sodalizio, insomma, nell’accezione più etica, meglio, spirituale, del termine.
Rigorosamente a due voci, dunque, ci danno l’opportunità di entrare nel cuore di “Anelante”, lo spettacolo che sarà oggi e domani, 26 e 27 marzo, al Teatro Morlacchi di Perugia.
Chi e l’anelante e a che cosa anela?
Mastrella: “Un voglioso del disordine al quale, appunto, anela. E rappresenta la situazione attuale: l’anarchia del disordine. L’anelante vive confinato nel recinto, pretende di conoscere il mondo ma lo fa per non accorgersi della vuotezza che gli riempie la vita, usa i sistemi virtuali di cui si è impadronito”.
Rezza: “Dovrebbe anelare al pensiero libero, anche sbagliato, purché prodotto con la propria testa, cosa che in questo momento non è. Viviamo in una dittatura più che fascista dove si deve aver paura di ciò che si dice perché altrimenti si viene o cancellati o derisi. Viviamo in un mondo difficile al di là delle guerra che sono tante e non c’è solo quella in Ucraina, e della pandemia. Non possiamo impedire alle persone di errare, di sbagliare attraverso il proprio giudizio libero”.
Viene da chiedere, a questo punto, cosa ne pensa, Rezza, della comunicazione dei social.
Rezza: “Mi fanno ribrezzo. Sono gigantesche piazze che vengono usate per far sapere quello che facciamo ma non per creare un dialogo. Personalmente rimango sconvolto quando sono in televisione e vedo che ci sono mille, duemila commenti; mi chiedo: ma la gente non trova altri interessi? Personalmente preferisco fare”.
Torniamo al vostro spettacolo. Lei, Mastrella, crea spazi scenografici fisici e simbolici nei quali Rezza si muove. In “Anelante” cosa ha realizzato?
Mastrella: “In scena c’è un muro che è scomponibile e si basa sull’equilibrio. A livello narrativo racconta, appunto, dello squilibrio. E’ in sostanza un contrasto. Oltre ad Antonio in scena ci sono Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini ed Enzo Di Norscia”.
In che panorama culturale e artistico sentite di muovervi?
Rezza: “In quello che vede una tv acquistare i diritti delle fiction in cui Zelensky faceva l’attore. Non c’è rispetto. Stanno morendo persone. Come nel caso delle serie tv sul Covid con protagonisti attori che vanno per la maggiore, per altri, intendiamoci, non per me. Mi chiedo: come si fa in cambio di denaro a interpretare un medico in un ospedale in cui sono morte e muoiono persone… Ecco qual è il panorama in cui ci esprimiamo Flavia Mastrella, io, Alessandro Bergonzoni, Franco Maresco, Roberto Latini.
Pier Paolo Pasolini, Carmelo Bene avevano comunque attorno a loro terreno fertile, per noi è più difficile, ci troviamo di fronte a un deserto emotivo, pieno di ignoranza e mistificazione soprattutto da parte della critica. Ci si svende al peggior offerente perché niente offre, pur di essere socialmente accettati. E’ una situazione disperata, senza ritorno”.
Come si fa a sopravvivere, allora?
Rezza: “Ci si estranea, ci si rifugia nella bellezza dell’arte, ci si isola”.
Mastrella, mi dice come si trova a lavorare con Antonio Rezza?
“Non dire ‘lavorare con’. Siamo un tutt’uno da quando ci siamo conosciuti nel 1987 e sono tantissime le cose che abbiamo fatto insieme, non soltanto spettacoli teatrali ma anche film”.
E per lei Rezza?
Rezza: “Non siamo fidanzati e questa è la cosa più importante, riusciamo a stupirci vicendevolmente e c’è voglia di fare”.
Mastrella: “Siamo due individualità. Soprattutto due individui liberi. Ognuno ha la sua disciplina. Io mi occupo di arte figurativa e Antonio di letteratura, quindi abbiamo entrambi uno sfogo, un’apertura. Non c’è un capo, agiamo liberamente e così riusciamo ad ottenere una narrazione molto più ricca. Questo perché il capo dà una direzione da seguire. Noi invece abbiamo più linguaggi: quello del movimento, dell’immagine e della narrazione”.
Anelante al Morlacchi di Perugia. il vostro rapporto con l’Umbria e il Tsu?
Rezza: “Ringrazio lo Stabile dell’Umbria e Nino Marino, ci tengo a dirlo, perché in Umbria eravamo stati solo una volta in 35 anni. Spero che il rapporto continui, ritengo sia giusto che gli Stabili invitino compagnie private che non prendono soldi dallo Stato. Saremo poi al Festival di Spoleto con un nuovo spettacolo e domenica 28 marzo al Postmodernissimo di Perugia presenteremo con Flavia per la prima volta in Umbria il film Samp”.
Mastrella: “Al 2Mondi ci sarà anche una nostra mostra a palazzo Collicola con le mie opere d’arte e le fotografie di Antonio. Sì, di recente si è messo anche a fare il fotografo”.

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