Se il delirio di una madre sul sepolcro è così grande, può spezzare la pietra e penetrare la terra fino a trovare il seme che ha generato il figlio. Resuscitandolo. E non alla memoria ma all’essenza della vita. Restano in scena alla fine, come tracce mortali, rose screziate poste in sequenza ossessiva, talvolta allineate, talvolta brutalmente gettate o in croce per far vedere le tracce di un passaggio. E’ uso farlo. E’ il senso comune del dolore. Ma lo sguardo tende ad andare oltre. A guardare il cielo come il credo, seppure laico e perfino ateo, tradizionalmente ci induce a fare. E’ questa la fine del dialogo disperato, allucinato che rimbomba in un ring verde dove il figlio si muove sempre al limite del confine, come un pugile suonato dalla vita che cerca scampo all’angolo o il lancio di una spugna compassionevole che arrivi da qualche parte prima che possa essere soffocato a pugni e calci. La pecora bianca che si è smarrita spacciando droga al parco, assomiglia sempre più, con lo scorrere del testo incalzante di Carolina Balcani, a un agnello sacrificale dal destino segnato. I pastori arriveranno per giustiziarlo al suono di una sirena convinti che non meriti nemmeno di tornare all’ovile.
“La Regina Coeli” è un monologo struggente e delirante che viene fatto proprio da Matteo Svolacchia: lo interpreta, sicuro e padrone della scena, anche con la trasfigurazione del volto che cadenza e rifrange emotivamente le stazioni di una via crucis verso il proprio calvario. Una consapevole allucinazione lo porta pian piano a immaginare la madre come fosse la madonna, fino a vederla davvero davanti a sé. Ma è proprio in quel momento, uscendo dal ring verde del parco dei giochi fatui, che dà forma al dolore materno. E la cronaca, i possibili e reali riferimenti a chi in carcere muore, assumono altre forme di denuncia che lo spettatore coltiva in seno, privatamente, intimamente, convintamente.
Questo lavoro di Carolina Balucani che curandone la regia ha reso il copione in maniera efficace e convincente, è stato ufficialmente presentato come un testo studio . Non sappiamo se ci saranno, quindi, ulteriori sviluppi. Di certo, così com’è, lo spettacolo regge, coinvolge e costantemente commuove. Una degna conclusione per Le Smanie di Primavera 2019, un’altra prova pienamente riuscita voluta dallo Stabile di cui Carolina Balucani, per l’appunto, è stabilmente parte, assieme ad altri bravissimi artisti. Che bello vedere crescere il talento.